In Egitto, alla vigilia delle elezioni, l’atmosfera è sempre più simile a quella del Grande Fratello. Alla fine di febbraio il procuratore generale Nabil Sadeq (quello che da oltre due anni depista e ritarda nelle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni) aveva ordinato alle procure di monitorare, indagare e prendere misure giudiziarie rispetto ai media tradizionali e ai social media – descritti come “forze del male” – che pubblicano notizie false allo scopo di pregiudicare la sicurezza pubblica, instillare paura nella popolazione e danneggiare gli interessi generali dello stato.

Adesso sono arruolati anche i privati cittadini: Sadeq ha infatti disposto l’attivazione di un numero di telefonia mobile per ricevere via sms o WhatsApp segnalazioni e denunce riguardanti fake news. Basterà fornire i propri dati anagrafici e indicare la fonte “fake”. Al resto penserà la magistratura. Nella categoria fake news – che evidentemente comprende tutto ciò che non è gradito al regime – è stata coinvolta persino la Bbc, di cui è stato recentemente chiesto il boicottaggio dopo un’inchiesta sulla situazione dei diritti umani in cui sarebbero state scritte “bugie”.

La cosa ancora più grave è che è stata arrestata una donna che aveva raccontato alla Bbc la scomparsa di sua figlia. E a proposito di giornalisti, Mahmoud Abu Zeid, trascorsi oltre quattro anni e mezzo dall’arresto, continua a rimanere in carcere. Ci sta dal 14 agosto 2013 quando osò riprendere con la sua macchina fotografica il violentissimo sgombero della tendopoli della Fratellanza musulmana in una piazza del Cairo. Il 17 marzo c’è stata la 52ma udienza del processo a suo carico, domani 20 marzo la prossima. La pubblica accusa ha chiesto la pena di morte.

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