di Dafni Ruscetta

Non vorrei trovarmi nei panni del Capo dello Stato in questa delicatissima fase della Repubblica. Mi domando, come molti miei connazionali, se Sergio Mattarella sarà in grado di sbloccare una situazione così confusa, quasi quanto una complicata partita a scacchi. D’altro canto la partita pare già vinta, in partenza, dal M5S. Non è un’esibizione di parzialità la mia, né un’affermazione entusiastica, ma semplicemente il risultato di un’analisi intellettualmente onesta.

Il Movimento 5 stelle è l’indubbio vincitore politico e morale delle elezioni del 4 marzo, per varie ragioni: ha ricevuto il 33% delle preferenze a livello nazionale, con uno storico plebiscito in tutto il sud Italia e nelle Isole; rispetto alla Lega ha mantenuto un buon ancoraggio anche in altre regioni (nord e centro), dimostrando certamente maggiore capillarità sul territorio rispetto a questa; appare inoltre una formazione politica senz’altro più trasversale socialmente rispetto al partito di Salvini, andando a pescare anche in bacini di professioni molto diverse tra loro. Inoltre il M5S ha un vantaggio competitivo non indifferente rispetto ai suoi competitor: non ha mai governato il Paese.

Comunque si sviluppi questa fase di incertezza, il movimento guidato da Di Maio non avrà rivali per un po’. Se andasse a governare con il centrodestra o con il Pd (politicamente credo che per quest’ultimo eventuali alleanze di governo, in questa fase, rappresenterebbero un irreversibile “suicidio”) il M5S farebbero subito quelle due-tre misure utili per consolidare e rafforzare ulteriormente il proprio consenso: reddito di cittadinanza, taglio ai costi della politica, nuova legge elettorale etc.

Dopodiché, una volta consolidata la propria credibilità attraverso quelle poche e mirate leggi di buon senso a cui nessuno dei suoi interlocutori di governo pro-tempore potrà sottrarsi, agirà probabilmente come Theresa May in Gran Bretagna alcuni mesi fa, andrà a nuove elezioni per avere una propria e autonoma maggioranza e per poter garantire un governo stabile al Paese per i prossimi anni. Motivo per cui nessuno può pensare adesso di escludere i pentastellati dal governo, anche perché se relegati all’opposizione – come ricorda giustamente il loro giovane leader – al prossimo turno prenderebbero da soli oltre il 50%! Ecco perché penso che il M5S governerà il Paese, quasi indisturbato, almeno per i prossimi cinque – sette anni, avendo già fatto “scacco matto” alla politica italiana.

Anche se optasse, per non perdere consensi, di continuare a mantenere la regola del secondo mandato – creata per annullare le cosiddette “rendite di posizione” in politica – nel caso di un governo di scopo a breve termine o di nuove elezioni immediate, il M5S avrebbe già giocato d’anticipo, potendo sfruttare la carta Di Battista, ugualmente vincente, se non addirittura mediaticamente più efficace. Questo mostra, ancora una volta, le strategie vincenti da parte della dirigenza del partito; il M5S non solo sta dettando i tempi della comunicazione a tutti i suoi avversari, imponendo un nuovo stile in questo settore, ma appare anche l’unica forza ad avere una visione di strategia politica di lungo raggio (che non vuol dire, necessariamente, avere anche la capacità di governare). E’ probabile, infatti, che nella previsione di uno scenario di nuova legislatura incerta e traballante, i vertici del M5S avessero strategicamente già scelto, alcune settimane prima del voto, di riservarsi la “carta” Di Battista come frontman per una eventuale seconda tornata elettorale nel breve periodo.

In una siffatta situazione ciò che davvero farà la differenza nell’immediato, piuttosto che la politica, sarà un’altra disciplina, certamente più certa e affidabile: l’aritmetica. Al Capo dello Stato non resterà che constatare quali sono i numeri disponibili. Sembra banale, ma non lo è affatto, questo potrebbe fare di lui l’uomo più carismatico del momento, dopo Papa Francesco certamente.

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