Non tutta la colpa è del Rosatellum. Se non c’è una maggioranza è soprattutto colpa dei risultati elettorali, cioè dei numeri. C’è un però: con altri sistemi elettorali la situazione sarebbe “meno ingestibile” di quanto è in questi giorni in cui è difficile comporre una base parlamentare per far partire un governo, con tre poli inconciliabili (due più larghi, uno meno). Per esempio con il Mattarellum al centrodestra non mancherebbero 60 voti come ora, ma “solo” 25, mentre con il sistema uninominale all’inglese avrebbe raggiunto i 160 senatori e i 301 deputati, quindi a 15 deputati dalla meta. I numeri emergono da una elaborazione di YouTrend. “Che lo stallo prodotto dalle elezioni di domenica scorsa sia dovuto al Rosatellum è una vera e propria bufala” scrive Salvatore Borghese su YouTrend. Più chiaramente, aggiunge Borghese, “il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi (una legge elettorale è essenzialmente questo) non può intervenire sui voti espressi dagli elettori: può soltanto usare metodi diversi per convertirli in seggi. Il risultato di queste elezioni è uno stallo per un semplice motivo: i voti si sono distribuiti in modo tripolare. ‘Tripolare’ non vuol dire che ci sono tre poli che hanno avuto lo stesso numero di voti: vuol dire che ci sono tre poli di grandezza rilevante“. Dunque “non è certo stato il Rosatellum a far votare gli italiani in questo modo: le intenzioni di voto segnalavano che esisteva un tripolarismo già molti mesi prima che la legge fosse concepita e approvata“.

Nessuna maggioranza con qualsiasi sistema. Ma…
Nessuno dei sistemi elettorati “provati” dagli analisti applicando i risultati del 4 marzo avrebbe dato al Parlamento una maggioranza. Né il Consultellum o lo “spagnolo” che negli anni è stato proposto dai Cinquestelle, né il sistema di doppio turno di collegio (“alla francese”) di cui era fautore Bersani quando era leader del Pd né il simi-tedesco su cui si erano messi d’accordo Pd, M5s, Fi e Lega a giugno (l’accordo poi saltò per altre questioni). Un aspetto, però, questo studio lo indica: una “correzione” maggioritaria o un premio di maggioranza permettono al partito o alla coalizione che arriva prima almeno di avvicinarsi un po’ all’asticella utile dei 316 deputati alla Camera e dei 158 senatori. Quindi è vero che la maggioranza non sarebbe stata comunque raggiunta, ma è anche vero che dei meccanismi per facilitare le operazioni di “assemblaggio” ci sono.

Il sistema simil-tedesco del patto Pd-M5s-Fi-Ln
Partiamo dai sistemi proporzionali. Uno di questi è proprio il “simil-tedesco” (perché fu chiamato “tedesco” in Parlamento ma era parecchio diverso). In questo schema il meccanismo si sviluppa su base regionale. Ad ogni modo, i primi sarebbero stati – come adesso – i Cinquestelle con 250 deputati, mentre il centrodestra si sarebbe fermato a 228 (seguito dal centrosinistra con 138). Tutt’e tre i poli avrebbero avuto un gruzzolo di voti in più a Montecitorio per effetto della soglia di sbarramento che in questo caso sarebbe stata al 5 per cento e quindi avrebbe tagliato fuori – per esempio – Liberi e Uguali e Fratelli d’Italia.

Lo spagnolo preferito dal M5s
Poi c’è lo “spagnolo“, che prevede collegi molto piccoli (diciamo su base provinciale) con liste di candidati molto brevi, al quale si ispirava a un certo punto il modello principale dei Cinquestelle, quello elaborato con le numerose votazioni online sul blog di Beppe Grillo. In questo caso il M5s, secondo YouTrend, avrebbe raggiunto quota 266 deputati contro i 212 del centrodestra. Il centrosinistra ne avrebbe avuti 139.

Il Greco, tra le vecchie opzioni Pd
Il sistema greco, che prevede un premio di maggioranza al partito vincente. Ma è un premio che funziona solo se la prima lista – nel caso italiano il M5s – supera il 35 per cento. Col 32 viene fuori una situazione più incerta: il Movimento avrebbe eletto 290 candidati, il centrodestra sarebbe stato rappresentato da 203 deputati, il centrosinistra da 106 (la pattuglia di Liberi e Uguali sarebbe stata di poco più consistente: 19).

Quel gran pezzo del Porcellum
Il sistema che avrebbe dato la maggioranza è il Porcellum, ma proprio per effetto di quel premio di maggioranza decretato come “incostituzionale” dalla Corte costituzionale. In questo caso, comunque, al centrodestra sarebbero andati 341 deputati, ma solo 136 senatori per effetto del “bug” che la “Porcata” di Calderoli ha sempre portato con sé, cioè sulla diversa distribuzione del Senato che – per indicazione della Costituzione – deve seguire un modello regionale.

Tra i proporzionali c’è anche l’Italicum, altra legge spazzata via dalla Consulta. In questo caso, spiegano da YouTrend, è difficile prevedere il numero esatto di parlamentari per ogni schieramento perché la legge fatta approvare con i voti di fiducia dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi prevedeva un ballottaggio. Quindi gli analisti hanno previsto tutti gli scenari (vittoria M5s, vittoria centrodestra, vittoria centrosinistra). In realtà, dopo le correzioni profonde della Corte Costituzionale, quello che è rimasto è il Consultellum, sistema sul quale spingeva a un certo punto il M5s. Ma anche in questo caso, niente: i Cinquestelle avrebbero raccolto al massimo 224 deputati, il centrodestra 243, il centrosinistra 128. Questa legge – essendo proporzionale pura, dopo che la Consulta l’ha “denudata” – sarebbe stata la più generosa nei confronti di Liberi e Uguali che avrebbe avuto alla Camera 23 suoi rappresentanti.

Il sistema francese e “l’effetto Parma”
Poi ci sono tre opzioni maggioritarie o comunque “più maggioritarie“. In un caso, il sistema “alla francese“, che funziona con il doppio turno di collegio (cioè se un candidato non supera un tot, vanno al secondo turno tutti coloro che hanno superato il 12,5), non permette naturalmente di avere un’idea chiara sul numero dei parlamentari per ogni schieramento. Infatti YouTrend può solo ipotizzare – dati alla mano – a quanti duelli avrebbe partecipato ogni coalizione o partito: così, per la Camera, il M5s sarebbe stato in 201 sfide, il centrodestra in 133 e il centrosinistra in 113. E in un quadro tripolare, a seconda delle aree del Paese, si è visto che quasi sempre i Cinquestelle sono quelli che ne beneficiano perché gli elettori di destra votano contro quelli di sinistra e viceversa (o almeno è stato così finora, come si è visto in tutte le vittorie alle amministrative, da Parma e Livorno a Roma e Torino).

Caro vecchio Mattarellum
Ci saremmo avvicinati a una maggioranza (di centrodestra) col caro vecchio Mattarellum, che peraltro la Lega e il Pd avevano proposto ma Forza Italia non ha voluto nel patto che alla fine ha portato al Rosatellum. Con il sistema ideato dall’attuale capo dello Stato il centrodestra avrebbe avuto 291 deputati, lasciandone 249 ai Cinquestelle e 90 al centrosinistra, mentre al Senato la ripartizione sarebbe stata con 152 parlamentari per Berlusconi, Salvini e Meloni, 117 per il M5s e 61 per il centrosinistra.

Più vicini alla maggioranza? Con il sistema inglese
A sorpresa, ma mica tanto, il sistema che si sarebbe avvicinato di più a una maggioranza è quello uninominale “puro”, come c’è nel Regno Unito, cioè col sistema first-past-the-post che tradotto alla grossa significa che, a turno unico, il candidato che ha un voto in più viene eletto e gli altri restano a secco. Il centrodestra in questo caso avrebbe superato la quota al Senato (160), mentre alla Camera avrebbe dovuto cercare una quindicina di deputati in soccorso. I Cinquestelle avrebbero avuto 253 deputati, il centrosinistra solo 76.

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