Il Dipartimento di Giustizia statunitense fa causa alla California e al suo governatore democratico Jerry Brown, accusato di opporsi all’agenda del presidente americano Donald Trump sul fronte dell’immigrazione attraverso le cosiddette “leggi santuario“, tre provvedimenti considerati incostituzionali varati negli ultimi mesi in concomitanza con la stretta sugli immigrati. Queste leggi vanno a sostegno delle città che si rifiutano di adeguarsi alle richieste delle autorità federali per l’immigrazione, le quali hanno chiesto di consegnare i migranti privi di documenti regolari in modo che vengano perseguiti o espulsi. Si tratta dell’attacco più grave mai mosso da Washington alla California.

In particolare, le leggi santuario “riflettono uno sforzo deliberato da parte della California di ostacolare l’applicazione della legge federale degli Stati Uniti sull’immigrazione”, recita il testo dell’azione legale. La Costituzione Usa “non permette alla California di intralciare l’abilità degli Stati Uniti di applicare leggi che il Congresso ha reso esecutive”, si legge ancora nei documenti depositati dall’amministrazione Trump. I provvedimenti sottoscritti dal governatore Brown rendono di fatto tutta la California uno “Stato santuario”, il che significa che le autorità locali non collaborano con gli agenti federali per l’immigrazione che provano a trovare gli immigrati giunti illegalmente negli Usa.

Le autorità federali, comprese le agenzie Immigration and Customs Enforcement e Customs and Border Protection, sostengono che questo tipo di politiche consenta a pericolosi criminali immigrati di muoversi liberamente. Il dipartimento della Giustizia Usa, guidato da Jeff Sessions, ha minacciato di ritirare i finanziamenti federali nel campo della giustizia agli Stati che agiscano come santuari.

In California risiede il maggior numero di immigrati privi di documenti, circa un quarto degli stimati 11 milioni totali che si trovano in tutti gli Stati Uniti. Nell’azione legale viene fatto esplicito riferimento al governatore Brown e al procuratore dello Stato Xavier Becerra, entrambi accusati perché difensori degli immigrati privi di documenti. È atteso che oggi Sessions tenga un discorso in California per difendere l’azione legale. “In un momento di tumulto politico senza precedenti, Jeff Sessions è venuto in California per dividere e polarizzare ulteriormente l’America”, ha scritto Brown su Twitter. E poi ha aggiunto: “Jeff, questi espedienti politici sono forse la norma a Washington, ma qui non funzionano. TRISTE!!!”.

Ma la California vede il presidente Trump protagonista anche di un’altra contesa legale: la pornostar Stormy Daniels ha infatti fatto causa al capo della Casa Bianca per provare a rendere nullo l’accordo di confidenzialità firmato per tacere in merito alla loro presunta relazione. È quanto emerge dai documenti giudiziari depositati martedì a Los Angeles. Stephanie Clifford, questo il vero nome dell’ex attrice porno, sostiene che l’accordo di non divulgazione non sia valido perché non è stato siglato da Trump.

La donna “chiede un ordine del tribunale che dichiari che l’accordo non è mai stato posto in essere e che non esiste, fra l’altro perché Trump non l’ha mai firmato“, si legge nel documento svelato dall’avvocato di lei, Michael Avenatti. A firmare l’accordo erano stati Clifford e l’avvocato di Trump, Michael Cohen, il 28 ottobre del 2016, pochi giorni prima delle elezioni presidenziali dell’8 novembre del 2016 che hanno portato Trump alla Casa Bianca.

“L’accordo imponeva diverse condizioni e obblighi non solamente per Trump. Chiedeva anche la firma di tutte le parti, compresa quella di Trump”, si legge nel testo depositato dall’ex madrina dell’hard, che sottolinea che “come d’abitudine, è stato chiaro in ogni momento che, a meno che tutte le parti non firmino i documenti richiesti, l’accordo di confidenzialità, con tutti i suoi termini e condizioni, sarebbe stato nullo”. Un versamento di 130mila dollari è stato fatto a beneficio della pornostar, che nell’accordo veniva citata con il nome Peggy Peterson.

Lo scorso febbraio l’avvocato di Trump, Michael Cohen, ha riferito infatti di avere pagato quei soldi all’attrice per metterla a tacere poco prima delle elezioni presidenziali del 2016. Secondo l’azione legale presentata dalla ex pornostar, a partire da gennaio del 2018 e anche quando sono emersi “dettagli dell’accordo” sui media, “Cohen, attraverso tattiche di coercizione e intimidazione, ha costretto Clifford a firmare una dichiarazione falsa in cui affermava che le informazioni su una relazione con Trump erano false”. Inoltre “verso il 13 febbraio Cohen ha diffuso un comunicato relativo a Clifford e all’esistenza di un accordo di confidenzialità senza il consenso di lei”.

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