Due figure agli antipodi della stessa Chiesa cattolica – un pontefice e un vescovo “di strada” – che diventano simboli della Chiesa di Francesco. Nello stesso giorno Bergoglio autorizza la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto per proclamare santi Giovanni Battista Montini, papa Paolo VI, e Oscar Romero, l’arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 dagli squadroni della morte dal regime di estrema destra di cui denunciava i soprusi.

Paolo VI fu il “grande timoniere del Concilio“, come l’ha chiamato Papa Francesco alcuni anni fa. Durante e dopo il suo pontificato Papa Montini fu definito il “Papa del dubbio“, “Amleto“, “Paolo Mesto“. Dopo, di sicuro, fu il “Papa dimenticato“. Soprattutto perché, appunto, fu il pontefice che ha portato la Chiesa fuori dal Concilio che voleva “spalancare i sacri palazzi” al mondo, per volere del predecessore Papa Giovanni, Angelo Roncalli, il Papa buono. Montini fu il primo successore di Pietro, nel Novecento, a varcare i confini italiani: andò in Africa, America, Australia, Asia. Fu il primo Papa a parlare al Palazzo di Vetro, pronunciando l’appello a “mai più guerra“. Avviò, insomma, il primo, complicato, dialogo della Chiesa con la modernità. “Nei confronti di questo grande Papa – disse tempo fa Papa Francesco – di questo coraggioso cristiano, di questo instancabile apostolo davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie!”

La beatificazione di Romero era stata, invece, proclamata nel 2015 in una cerimonia a piazza del Salvatore del Mondo, a San Salvador, davanti a una folla di almeno 200mila persone. “La sua carità non era ideologica – disse l’arcivescovo che celebrò la messa – bensì evangelica” e si “estendeva anche a chi lo perseguitava, ai quali chiedeva che convertissero il loro cuore, offrendo loro a cambio il suo perdono”. Più forti, molto più forti, erano state le parole di Papa Francesco che disse che il martirio di Romeo “è continuato anche dopo essere stato assassinato, perché fu diffamato e calunniato, anche da suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato”. “E’ stato lapidato – aggiunse – con la pietra più dura che esista al mondo: la lingua”. L’iter della beatificazione di Romero rimase bloccato per anni sotto Giovanni Paolo II – tra i più fieri oppositori il cardinale colombiano Alfonso Lopez Trujillo -, fino ad essere sbloccato prima da Benedetto XVI negli ultimi mesi del pontificato, poi definitivamente da Francesco.

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