Le elezioni del 4 marzo disegnano un risultato di portata storica, che il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio ha già descritto come un passaggio dalla Seconda alla Terza Repubblica. Le forze che avevano dominato la Seconda Repubblica, il Pd e Forza Italia, si vedono relegate in terza e quarta posizione, da un Movimento 5 Stelle capace infine di sfondare quota 30%, e da una Lega che lo segue a 17%. Equilibri politici centristi (centrodestra contro centrosinistra) che si erano mantenuti durante gli oltre 25 anni successivi a Tangentopoli, garantendo le condizioni per la progressiva integrazione dell’Italia nel sistema dell’Eurozona, sono saltati, forse per sempre.

A trionfare in queste elezioni sono forze “anti-sistema”, come il 5 Stelle e la Lega, quelle che sono state più esplicite nel loro discorso sovranista, ovvero di recupero della sovranità nazionale e dei limiti imposti dall’Unione Europea. Mentre in altri paesi questa spinta anti-sistema, alimentata dalla crisi economica, ha trovato spazio anche in forze di sinistra, come il Labour di Corbyn in Gran Bretagna, o Podemos in Spagna, in Italia questa spinta viene completamente canalizzata  sul fronte centrodestra dello spazio politico da un partito post-ideologico come il Movimento 5 Stelle, e dalla nuova destra della Lega di Salvini. Tutto ciò mentre la sinistra ancora prona all’immaginario europeista registra il peggior risultato della storia repubblicana.

In queste elezioni M5s è riuscito a vestire i panni di forza di rottura, ma al contempo di forza capace di garantire ordine una volta al governo. Negli ultimi giorni di campagna elettorale il partito di Luigi Di Maio ha monopolizzato l’attenzione degli elettori con la presentazione della squadra dei ministri, che seppur ridicolizzata dagli avversari, è servita ai 5 Stelle a dimostrare che erano pronti al governo e avevano le competenze necessarie. La sola cosa che viene da chiedersi e se il risultato non sarebbe stato ancora più ampio con il descamisado Alessandro Di Battista al comando, al posto del più compassato e rassicurante Di Maio.

A ruota dei 5 Stelle c’è una Lega che sotto la guida di Salvini è riuscita a quadruplicare il 4% rimediato nelle elezioni del 2013, e che adesso si candida seriamente a diventare il Front National italiano, una forza populista di destra con capacità egemonica a livello nazionale. La campagna della Lega incentrata in maniera martellante sul sentito tema immigrazione, con l’adozione di slogan come il “prima gli italiani” preso in prestito forse da CasaPound, ha permesso a Salvini di presentarsi come politico che ha “il coraggio di dire quello che la gente pensa veramente”. Tutto ciò nonostante le sue proposte economiche fossero tutt’altro che favorevoli alla gente comune.

Se a vincere sono le forze anti-sistema, a perdere sono invece le forze di sistema, quelle che speravano in governi di coalizione, o di natura tecnocratica in linea con il volere della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea, e in particolare il Pd e Forza Italia. Possiamo solo immaginare come al Nazareno, nel quartiere generale del Pd, che si è a lungo presentato come partito di sistema o “partito architrave”, responsabile per il mantenimento dell’equilibro dell’economia nazionale, abbiano seguito i risultati delle elezioni di ieri. Il Pd che giocava in difesa, sperando nella possibilità di una sconfitta contenuta, si è trovato di fronte alla realtà di una vera e propria Caporetto, con un risultato dimezzato rispetto alle europee del 2014. La carriera politica di Renzi è finita. Ma sopravviverà il Pd alla prospettiva di una pasokizzazione, destino toccato ai socialisti greci del Pasok condannati all’estinzione?

Le cose non vanno molto meglio per Forza Italia. Nonostante il partito di Berlusconi avesse fatto bene durante la fase iniziale della campagna elettorale, il partito azienda dell’ottuagenario “presidente” ha mostrato la corda durante l’ultima fase della campagna elettorale. Non solo per i problemi di salute del leader, ma anche per l’impossibilità oggettiva di Berlusconi di presentarsi, dopo aver guidato quattro governi, come un vettore di novità e di rottura rispetto al sistema presente che lui ha fortemente contribuito a costruire.

Nel day after, è difficile se non impossibile prevedere quello che accadrà. Riusciranno Lega e 5 Stelle a creare un’alleanza anti-sistema? È chiaro che queste due forze sono complementari sia di un punto di vista programmatico che elettorale. Tuttavia per i 5 Stelle un’alleanza con la Lega implicherebbe un posizionamento verso destra, che metterebbe fine alla posizione “né di destra, né di sinistra”, con cui il Movimento 5 Stelle, è riuscito a lungo a guadagnare elettori sia di destra che di sinistra. E anche la Lega dovrebbe rimodulare le sue proposte.

Quello che è chiaro tuttavia è che lo spazio politico italiano è radicalmente cambiato. È finita l’era del centrismo, del centrodestra contro il centrosinistra, che si alternano al governo con programmi politici poco differenti gli uni dagli altri. Adesso a dominare la scena sono forze “populiste” e “anti-sistema”, che in Italia al contrario di altri paesi si concentrano esclusivamente sul versante centrodestra dello spazio politico, a causa dell’incapacità della sinistra di ascoltare la rabbia della popolazione.

Articolo Precedente

Elezioni 2018, Grillo a cena con Casaleggio e Di Maio: “Renzi lascia? Se restava ancora un po’ mandava il Pd al 10%”

next
Articolo Successivo

Crisi Pd, Carlo Calenda: “Mi iscrivo al partito”. E da Gentiloni a Richetti tutti lo accolgono come il leader per il post Renzi

next