Alla fine hanno premiato statistica, 13 candidature e il connubio tra film d’arte e fantasy sentimentale al potere. Così La forma dell’acqua ha preso i suoi 4 Oscar. È stata un’edizione ricchissima di grandi film, come Il filo nascosto, Tre manifesti, The Post e gli altri americani delle major, ma le note più frizzanti le hanno suonate gli outsiders.

Cominciamo con Lady Bird. Finalmente al cinema dal 1 marzo, era la prima cenerentola di questa Notte delle Stelle. Niente scarpetta o statuetta purtroppo (su 5 sorprendenti nomination). Ma il segnale importante è che un buon film indie può essere trattato sul mercato come un blockbuster. Greta Gerwig e il suo esordio registico portano un modo fresco di girare nuovo soltanto per tanto pubblico da multisala. Per qualche strana congiunzione astrale, il bel personaggio di Saorise Ronan, adolescente alle prese con le prime relazioni, la dialettica scoppiettante con la madre e la difficile scelta del college, fa pensare a Frances Ha, dove la Gerwig era una giovane che a New York cercava sé stessa dopo il college e nella vita di coppia. Il regista era Noah Baumbach, talentuoso autore e marito della Gerwig e questo Lady Bird ne sembra un ipotetico prequel in incognita. Piccole piacevoli magie del cinema.

Altre sorprese sono state indubbiamente quella meraviglia di Chiamami col tuo nome, un film che come premonisce lo stesso Luca Guadagnino, ambisce a restare nei cuori del pubblico. Che poi è quello che conta in un film. Col valore aggiunto di un Timothée Chalamet, giovanissimo candidato come Miglior attore protagonista (sconfitto dal Churchill di Gary Oldman), in comune con il cast di Lady Bird, una pioggia di consensi e commozione dal pubblico, e da adesso l’Oscar per la Miglior sceneggiatura non originale, per il regista di Palermo? No, per l’autore dello script James Ivory. Chapeau. Mentre per la Miglior sceneggiatura originale è sbucato l’imprevedibile fenomeno low budget Get out. Horror sui generis costato 4,5 milioni di dollari e con un incasso mondiale di oltre 255, la regia di un comico, e già un cult che presto o tardi verrà preso a modello produttivo e artistico.

La seconda cenerentola del Dolby Theatre di Los Angeles viene dal Cile al suo primo Oscar per il Miglior film straniero. Il gioiello Una donna fantastica ha la dolcezza e la determinazione a superare gli ostacoli del pregiudizio di Daniela Vega, splendida attrice. Transessualità e diritto alla normalità dagli echi almodovariani e la supervisione produttiva di un certo Pablo Larraín marchiano in psitivo il film, uscito anche in Blu-Ray. Nell’ora di contenuti extra il making of con protagonisti, producers, attori e autori ne spiegano genesi e scelte creative. Inclusa la chicca della conferenza stampa italiana condotta da Fabio Ferzetti a Roma alla presenza del regista Sebastián Lelio.

Nella stesa categoria il livello era altissimo. Uno sconfitto molto forte è The Square. Svedese, visionario, a tratti controverso, ma con una potenza metaforica dirompente. Dopo l’uscita in sala mesi fa, arriverà anche sul mercato home video il 20 marzo, proponendo un discreto backstage più le interviste ai protagonisti. Per restare in tema di sconfitti illustri, nella categoria Miglior film d’animazione, l’ibrido Loving Vincent non l’ha spuntata sul disneyano Coco, ma l’operazione di girare con attori dipingendo migliaia di fotogrammi utilizzando pennellate e colori a olio alla Van Gogh e 80 veri pittori in un mix ottenuto dagli effetti speciali regala un risultati strabilianti. Un ideale spin-off postumo sospeso magicamente tra biografia e opere dell’artista. Nei generosi extra raccontano il progetto la pittrice ideatrice Dorota Kobiela e il filmaker Hugh Welchman, che grazie al crowdfunding sulla piattaforma Kickstarter è riuscito a realizzare un film unico che attraversa più d’un genere con la magnificenza dell’arte figurativa.

Magnificenza era anche l’aura che dalla sua prima proiezione ispirava il Blade Runner 2049 di Dennis Villeneuve. Molto pubblico non lo ha capito forse. La solita voglia di action e intrattenimento tutto e subito ha avuto la meglio su molti, così si è rivelato flop al box office. Causa il minutaggio eccessivo, a detta del produttore e patrono Ridley Scott. Artisticamente opinabile, anche se il mercato è quel che è. Ha preso comunque 2 Oscar su 5 nomination: Miglior fotografia e Migliori effetti speciali. Un po’ di rammarico per quello sfumato sulle scenografie, dove nel team figurava anche l’arredatrice di scena Alessandra Querzola. La versione home video però fa scintille: i 3 corti prequel intanto; poi parlano il direttore della fotografia premiato, Roger A. Deakins, il cast e gli autori a proposito di scenari su futuri catastrofici per l’ambiente, set e continuità con il film originale e socialità dei replicanti. Un tuffo a pié pari nella fantascienza migliore del momento.

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