Per la sua campagna d’Italia, il segretario del Pd Matteo Renzi è partito dal circolo Vie Nuove, zona Firenze sud, dove è iscritto, convocando tutti i responsabili di circolo della regione per affidare loro una missione: la Toscana è e deve rimanere la prima nei voti che conquisteranno i dem. La regione più renziana d’Italia. Nel 2013 il Pd in Toscana conquistò il 37,46 per cento di voti, qualcuno in più che in Emilia Romagna. Alle regionali – dove il centrosinistra è storicamente più forte – il Pd salì nel 2015 al 46,34 per cento. Quasi un toscano su due.

Ma la Toscana rossa, poi ulivista e infine dem, questa volta rischia di essere un fiore appassito per Renzi. Molti i segnali che indicano i molti rischi che l’ex premier corre anche nella sua regione. Intanto da quando Renzi è diventato segretario del Pd, l’8 dicembre del 2013, la Toscana rossa è rovinosamente smottata: a partire dal 2014 Livorno passa al M5S, Arezzo e Grosseto al centrodestra, e poi nel 2017 anche Pistoia vira a destra e Carrara diventa pentastellata. Un disastro: 4 capoluoghi su 10 e una città importante come Carrara non sono più Pd.

E’ soprattutto la costa a rivoltarsi a Renzi. A Massa il ras locale Andrea Rigoni (non confermato in parlamento) definisce “scagnozzi” i commissari inviati nelle province ribelli dal Pd toscano diretto dal renziano doc Dario Parrini e parla di Massa e del litorale toscano come di “una periferia di Firenze”. E qui Firenze sta per Renzi, il suo potere, i suoi fedelissimi che in questi anni hanno mirato a controllare le province della costa, tradizionalmente legate a D’Alema e Bersani.

Un campanello d’allarme per i renziani era già venuto nel referendum costituzionale del 4 dicembre del 2016 quando la Toscana si spaccò in due: le province della costa votarono no, la parte centrale della regione sotto l’egida di Firenze votò si. E man mano, di episodio in episodio, il malumore è cresciuto. A Pisa mastica amaro il parlamentare uscente Federico Gelli, non riconfermato da Renzi, che vorrebbe facesse il candidato sindaco alle prossime comunali. Gelli però non ha voglia di accettare: troppa l’amarezza che cova dentro per il no di Renzi alla riconferma in parlamento.

E poi c’è la partita delle candidature con i troppi big catapultati in Toscana. Dalla ministra della Pubblica Istruzione Valeria Fedeli a Pisa a danno di leader locali come l’uscente Gelli a quella della Difesa Roberta Pinotti che è stata candidata anche sul litorale tirrenico. Ma i casi forse più spinosi sono quello del radicale Benedetto Della Vedova catapultato a Prato dove il candidato di centrodestra Giorgio Silli, cattolico, è ben visto dai cattolici: “Dalle Vedove con Prato c’entra come il cavolo a merenda”, ha polemizzato Silli.

Per non dire poi del collegio 1 di Firenze dove il Pd è rappresentato dall’ex esponente di Forza Italia Gabriele Toccafondi mentre LeU gli contrappone Sandra Gesualdi, figlia di Michele, l’allievo forse prediletto di don Lorenzo Milani. “A Firenze, per scuola e sanità pubbliche, un voto convinto a Sandra Gesualdi (LeU), nel ricordo di suo padre e don Milani”, scrive su Fb la giornalista Sandra Bonsanti.

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