Aveva inviato una mail all’arcivescovo di Brindisi il giorno prima della visita in centrale per celebrare la messa di Natale, informandolo di alcuni provvedimenti contro i lavoratori presi dai dirigenti e invitandolo a pronunciarsi durante l’incontro con i dipendenti. E per questo è stato sospeso per tre giorni dal lavoro senza retribuzione. “Parlavo in qualità di rappresentante sindacale: è scritto anche in calce alla mail”, si è difeso Angelo Petraroli, segretario nazionale Cisal-Federenergia e componente rsu nella centrale Enel di Brindisi.

È uno di quei sindacalisti che non ha mai fatto sconti, come richiesto dal suo ruolo. Promette battaglia anche questa volta, perché reputa il suo comportamento legittimo: “Rientra nelle mie prerogative sindacali contestare il comportamento aziendale, non solo nell’ambito delle relazioni industriali – si è difeso – ma anche nei confronti di terzi, in particolar modo quando questi ultimi ricoprono un ruolo di rilevanza pubblica“. Ma l’azienda non ha voluto saperne e lo ha lasciato a casa per tre giorni. Senza stipendio. Il primo è già alle spalle: Petraroli il 28 febbraio non ha lavorato. E non lo farà neanche il 5 e 6 marzo. A meno di tre mesi da quella lettera scritta “in orario di lavoro”, contesta Enel, e “utilizzando l’indirizzo di posta aziendale” ha iniziato a scontare la punizione inflitta dal colosso energetico.

La vicenda inizia il 19 dicembre 2017. Il giorno dopo in centrale è prevista la messa dell’arcivescovo Domenico Caliandro. Petraroli scrive al prelato perché la visita “avviene nella vicinanza temporale” di “alcuni provvedimenti” contro i dipendenti e le imprese terze che operano in centrale. “Contestazioni disciplinari non eque”, “licenziamenti di lavoratori in malattia”, “abusi di posizioni dominanti e discriminazioni varie”, sostiene il sindacalista della Cisal, che manifestano a suo avviso “un ingiustificato accanimento che contrasta con i più elementari principi religiosi e con l’essere cristiani”. Perché, continua, alcuni dirigenti “si muovono senza rispetto e senza fede” e “pensano di essere padroni di noi tutti e di decidere il nostro destino”. Per questo, richiamando le parole di papa Francesco su “chi condanna e persegue i lavoratori non dà segni di cristianità“, chiede all’arcivescovo di “poter trovare in lei la doglianza” rispetto ai comportamenti contestati.

La lettera non piace ad Enel. Il 22 la contestazione disciplinare è già protocollata e il 2 gennaio viene consegnata a Petraroli per aver, “in orario di lavoro e utilizzando l’indirizzo di posta aziendale” inviato la mail a Caliandro e perché la lettera è diventata “immediatamente di dominio pubblico“. L’azienda contesta anche “i toni utilizzati” e le affermazioni “deliberatamente distorsive della realtà dei fatti”. Offese e accuse, insiste Enel, scritte per colpire e gettare discredito sui dirigenti.

A nulla valgono le giustificazioni del sindacalista che ricorda di essere “un rappresentante istituzionale dei lavoratori”. L’intento della lettera, scrive nel corso del contraddittorio con l’azienda, era “agevolare una mediazione ed una risoluzione dei conflitti” che “erano noti e di pubblico dominio e conoscenza”. Il 22 febbraio arriva la gelida risposta dell’azienda: “Sospensione dal servizio e dalla retribuzione nella misura di tre giorni. Distinti saluti”.

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