Le fake news sono state uno degli argomenti più caldi di una campagna elettorale povera di idee, ma ricca di demagogia. Molti le hanno additate a un vero e proprio rischio per la democrazia e per la libertà di scelta dei cittadini, un problema serio che richiedeva reazioni e provvedimenti ad hoc. Infatti si sono mobilitati in molti. Per la presidentessa della Camera Laura Boldrini: “Le fake news sono un pericolo serio per i cittadini. Spesso mirano a screditare le persone inventando di sana pianta cose non vere. E questo poi, quando si immette nel dibattito politico, va ad alterare il consenso e anche il dissenso e la stessa nostra democrazia”. Secondo Matteo Renzi: “Dietro alle fake-news e alle campagne di odio sul web, c’è una regia unica che forse viene dall’estero e che unisce Lega e M5s”.

Ci siamo però chiesti quanto davvero contino le potenziali fake news nel menu mediatico degli italiani. Recentemente è uscito il primo rapporto quantitativo sulle fake news in Europa redatto da Reuters Institute e Oxford university. Si tratta di uno studio fatto dal prestigioso Reuters Institute for the Study of Journalism insieme all’Università di Oxford dal titolo Measuring the reach of fake news and online disinformation in Europe, in cui si analizzano statisticamente il traffico dei siti di informazione tradizionale e i siti tacciati di essere fake news in Francia e Italia proprio perché si ritiene che i due paesi vivano una situazione difficile sul tema.

Il rapporto conclude che, nel complesso, le notizie false hanno una portata più limitata di quanto talvolta si presuma. In pratica le fake news esistono ma sono molto meno utilizzate dai cittadini/lettori delle news tradizionali, tanto da poter pensare che il loro peso sia concretamente modesto, praticamente marginale, perché sommando il traffico generato da tutti i siti fake si ottengono valori così bassi da non essere neanche lontanamente paragonabili con i siti di informazione tradizionale.

Per essere espliciti e lasciando parlare i numeri:

– None of the false news websites we considered had an average monthly reach of over 3.5% in 2017, with most reaching less than 1% of the online population in both France and Italy. By comparison, the most popular news websites in France (Le Figaro) and Italy (La Repubblica) had an average monthly reach of 22.3% and 50.9%, respectively;
“Nessuno dei siti di fake news che abbiamo analizzato ha raggiunto più del 3,5% del pubblico nel 2017, e la maggior parte raggiunge meno dell’1% degli utenti sia in Francia che in Italia. Dall’altra parte, i siti più popolari in Francia (Le Figaro) e in Italia (Repubblica) raggiungono al mese rispettivamente il  22.3% e il 50.9% del pubblico online”

– The total time spent with false news websites each month is lower than the time spent with news websites. The most popular false news websites in France were viewed for around 10 million minutes per month, and for 7.5 million minutes in Italy. People spent an average of 178 million minutes per month with Le Monde, and 443 million minutes with La Repubblica—more than the combined time spent with all 20 false news sites in each sample
“Complessivamente il tempo passato ogni mese su siti di fake news è inferiore rispetto a quello passato sui siti di notizie. I siti di fake news più popolari della Francia sono stati visti per circa 10 milioni di minuti al mese, in Italia per 7,5 milioni di minuti. Si trascorrevano invece una media di 178 milioni di minuti al mese su Le Monde e 443 milioni di minuti sulla Repubblica – più della somma del tempo trascorso con tutti i 20 siti di fake news analizzati”

Questo vuol dire che tutto questo parlare sulle fake news sia in fondo a sua volta fake news e che spesso i media tradizionali che si ergono a barriera contro la fake news cerchino di strumentalizzare la situazione, così come i socia network che a volte assumono poteri da spiccia polizia giudiziaria dei contenuti.

Ma non è solo questo il problema perché secondo l’ex direttore di Bbc News James Harding: “Le fake news sono un problema specifico mentre quello più grande e significativo è la disinformazione. Stiamo sottovalutando il problema dei bot software in grado di raccogliere ed elaborare informazioni sulla navigazione e le ricerche dell’utente per restituire risposte che influiscono sull’esperienza di navigazione online. L’enorme incremento dei bot, la diffusione di informazioni errate su scala industriale, sia un problema enorme”.

Il problema della disinformazione non si risolve con sistemi giudiziari gestiti dalle piattaforme over the top, dalla polizia postale squinzagliata a seguire denunce o sparate dei politici, ma con un sistema serio di prevenzione che deriva da una profonda educazione sull’uso dei media: quella che gli anglosassoni chiamano media education o information litteracy, per disporre di strumenti per saper analizzare criticamente l’informazione dei mezzi di comunicazione di massa. Altro che algoritmi per trovare in automatico le notizie false.

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