Rabbia, vergogna, dolore ma anche solidarietà, sostegno e mobilitazione. Dopo le parole del presidente Usa Donald Trump sulle armi agli insegnanti per “garantire più sicurezza nelle scuole” in seguito alla strage di San Valentino alla Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, la reazione del popolo americano sta correndo veloce, anche sui binari del web e dei social media. Non solo #NeverAgain, hashtag di protesta contro le armi da fuoco che sta raccogliendo sempre più consensi, e la marcia prevista per il 24 marzo a Washington: nelle ultime ore agli studenti si sono aggiunti gli insegnanti e le voci di protesta sono cresciute, di numero e di intensità.

Libri e non proiettili
Il presidente Trump nei giorni scorsi ha accolto una quarantina di sopravvissuti alla Casa Bianca dopo che il 19enne Nikolas Cruz ha aperto il fuoco uccidendo 17 persone in una scuola con un fucile d’assalto. Durante l’incontro Trump ha sostenuto che se i ragazzi “avessero avuto un insegnante abile con le armi si sarebbe potuto mettere fine all’attacco molto rapidamente” dichiarandosi poi favorevole ad armare il 20% dei docenti per una maggiore sicurezza negli istituti. Mentre le parole del presidente Usa continuano a dividere l’America, alcuni insegnanti si sono uniti e hanno alzato la voce con l’hashtag #ArmMeWith: un movimento sulla scia del più noto #NeverAgain (creato dagli stessi studenti di Parkland), con cui i prof chiedono di essere “armati” di matite, libri, quaderni o di aiuti per la salute dei ragazzi, ma di certo non di armi. Un’idea partita da Olivia Bertels e Brittany Wheaton, due insegnanti del Kansas, per contrastare una “assurdità” partita da Trump. Sia su Instagram che su Twitter, docenti e studenti da ogni parte d’America condividono la loro proposta “armata” per le scuole: più insegnanti professionali di salute mentale, più tempo, risorse e staff per sostenere il benessere emotivo degli studenti o semplicemente più libri. Ma niente proiettili, niente pistole o fucili. Creare e costruire, non distruggere urlano gli insegnanti. Il movimento in poche ore ha invaso i social network: oltre 8mila post su Instagram e centinaia di migliaia di retweet.

In marcia, ma per la pace
Le reazioni invadono le vie del web e anche le strade delle città. Il 24 marzo toccherà a Washington accogliere le voci di protesta che chiedono maggiori controlli sulle armi da fuoco. La capitale Usa ospiterà “March For Our Lives”, una marcia organizzata dai ragazzi di Parkland e che sta raccogliendo sempre più sostenitori, non solo in Rete. Su Twitter i follower sono già arrivati a quota 130mila, l’hashtag spopola sui social network e la protesta raccoglie consensi, anche da esponenti della politica Usa e dello star system. George Clooney e Oprah Winfrey, per esempio, hanno voluto donare 500mila dollari per la causa mentre Ellen DeGeneres ha ospitato alcuni dei ragazzi sopravvissuti nel suo talk show e ha mostrato in diretta nazionale la maglia di #MarchForOurLives: “Questi ragazzi stanno dando vita al cambiamento. Siatene parte”, ha scritto l’attrice e conduttrice sul proprio profilo social, riscuotendo una pioggia di commenti, like e soprattutto di condivisioni.

La petizione su Change
Sul sito change.org è partita poi la petizione #nationalschoolwalkout. Al momento oltre 170mila firmatari propongono agli studenti delle scuole nazionali il 20 aprile di uscire da scuola, indossare il colore arancione e protestare online e nelle comunità. Solidarietà e voglia di cambiamento che partono dai giovani, il primo motore di ogni Paese. E le manifestazioni trovano il supporto anche dell’ex presidente Barack Obama che su Twitter scrive: “I giovani hanno contribuito a guidare tutti i nostri grandi movimenti. È davvero stimolante vedere di nuovo in così tanti studenti intelligenti e impavidi che combattono per il loro diritto di essere al sicuro; marciando e organizzandosi per rifare il mondo come dovrebbe essere. Vi stavamo aspettando. E vi sosteniamo”.

Mai più
Nell’era digitale il megafono sono i numeri, le visualizzazioni online, le condivisioni, i follower. Con questi, #NeverAgain sta urlando, a voce altissima. Never Again, mai più: un urlo di rabbia, uno slogan che sta diventando movimento, una “arma” per protestare contro le sparatorie di massa. Un milione e 300omila su Instagram, quasi novantamila follower su Twitter. L’America alza il volume della protesta.

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