Ad entrare nel nuovo ristorante di Carlo Cracco sembra quasi di disturbare. Tanto è il senso di riservatezza e di isolamento dal mondo che si ha nell’attraversare il primo piano di Cracco (in Galleria). Giusto uno spicchio, un quarto, della nuova creatura dello chef stellato che apre i battenti in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Atmosfere modello bar alla Shining di Kubrick e sfondi de Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann per i quattro piani – cantina con degustazione, bar bistrot direttamente tra i passanti, Ristorante per la cena, spazio di lusso all’ultimo piano – che provano a ricomporre il mistero della fede sorto attorno all’affascinante e rinomato chef milanese.

 

Mistero che è già nel nome. Ristorante Cracco? Ristorante Cracco in Galleria? Cracco in Galleria (perché il termine ristorante è desueto)? Difficile chiederlo all’ex moschettiere di Masterchef, perché dopo i soliti affettati e istituzionali convenevoli, Cracco in completo grigio, gilet scuro, e pantalone che occhieggia per lunghezza, larghezza e orlo l’hypstermania, fugge via assieme al sindaco Sala, Fabio Fazio, all’intero studio Peregalli (per inciso: Lapo Elkann non c’era). Lasciando i convenuti alle soavi composizioni di finger food, risotto alla milanese con spolverata di midollo, Dom Perignon del 2009 e qualche tartina di fegatelli con tartufo nero. Si diceva del “do not disturb”.

Una cinquantina di posti nello spazio elegante che ricorda strusci e ritrovi d’inizio novecento, vertigini di specchi per acquisire luce (che non ce n’è tanta), carta da parati con disegni floreali. Lì si potrà cenare senza essere importunati da alcun scocciatore d’oltre vetrina. Tre le sale e un privé da urlo a cui si accede con una porticina nascosta tra pampini e frasche. Sui tavoli servizi di piatti Richard Ginori cangianti rispetto alle sfumature cromatiche e di luce/buio di ogni piano.

Inaccessibili per ora le cucine, anche se dal laboratorio del caffè bistrot, dove lavorerà il pastry chef Marco Pedron, siamo passati. E udite udite: i croissant al cioccolato, alla crema, al pistacchio hanno la stessa forma di altri bar della Galleria. Ecco, allora che Cracco prova a interloquire con i comuni mortali. Dopo la tirata modello Potere al Popolo sui ragazzi “sottopagati” alla deliveroo che scorrazzano per Milano (“ma poi la pizza arriva a casa fredda e non è più buona”) l’idea è quella di far avvicinare i passanti, tra torte e cioccolatini permettere una annusatina alle delizie, un rapido sogno di benessere altezza pop che già i Cova o i Marchesi di via Montenapoleone fanno da anni con qualche piccolo surplus sul conto della colazione. Sui prezzi vedremo a breve. Sul menù, invece, nei comunicati ufficiali si parla di “continuità”, con la cucina del ristorante in Victor Hugo. Insomma “il primo ristorante tutto mio”, come spiega Cracco, si affaccia al mondo. Ed è probabile che i primi clienti non saranno di certo i producer di Sky che hanno inscenato il suo funerale nel lanciare la nuova edizione di Masterchef.

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