Ora che conosciamo il nome del vincitore di Sanremo ed in attesa dei risultati delle imminenti elezioni politiche, vi è un’altra fondamentale questione aperta che fa perdere il sonno a noi italiani. Chi succederà a Giampiero Ventura sulla panchina della nazionale di calcio? E’ una scelta chiave quella che la Federazione dovrà effettuare nei prossimi mesi, visto che l’assenza degli azzurri dai Mondiali permetterà al nuovo allenatore di lavorare con una prospettiva di medio (prossimi Europei 2020) e lungo (prossimi Mondiali 2022) termine per restituire a tutto il movimento quella dignità scomparsa negli ultimi anni. Dopo la vittoria dei Mondiali nel 2006, l’Italia ha inanellato due solenni figuracce in Sudrafrica 2010 e Brasile 2014, quindi sono ormai 8 anni che abbiamo abdicato al ruolo di potenza calcistica mondiale.

Ogni giorno sui giornali si leggono speculazioni, interviste a personaggi che ruotano intorno al baraccone e gossip circa telefonate tra Billy Costacurta e vari potenziali candidati. Tutto legittimo ed in linea con la nostra cultura di selezione di posti chiave, non solo nel calcio ma in tutti i settori della vita pubblica e privata.

Vi voglio raccontare come si è comportata l’Australia in una situazione simile. Verso metà novembre Ange Postecoglou, allenatore della nazionale che ha condotto l’Australia alla qualificazione ai Mondiali (a differenza nostra, ricordiamo), ha deciso di lasciare la squadra per andare ad allenare i giapponesi del Yokohama F. Marinos. A 7 mesi dall’inizio dei Mondiali, non il tipo di telefonata che vuoi ricevere dal tuo coach in carica. La Federazione non ha fatto una piega, ha preso atto della decisione e senza isterismi ha formato un advisory panel di tre ex giocatori della nazionale (tra cui Mark Bresciano, che ricorderete giocare nel Parma, Palermo e Lazio) ed ha avviato il processo di selezione del nuovo allenatore.

Come? Totonomi? Dibattiti in tv? Manovre dietro le quinte? Membri della Federazione che si sono messi a contattare allenatori liberi? Macché. Hanno – udite bene – contrattato un’agenzia di selezione del personale (Sri Executive) per gestire il processo di reclutamento. Avete capito bene: cacciatori di teste. I quali hanno concordato con la Federazione i criteri di selezione e le qualità richieste al nuovo coach, e poi hanno aperto la posizione a potenziali candidati da tutto il mondo. Ebbene sì: gente come Jurgen Klinsmann, Marcelo Bielsa, Guus Hiddking e Gianni De Biasi – tra gli altri – hanno compilato il loro bel cv professionale e si sono sottoposti ad un tradizionale processo di selezione, con intervista finale davanti ad un pannello composto da vari esponenti del mondo del calcio australiano. Ed alla fine ha avuto la meglio l’olandese Bert Van Marwijk, nome che a molti dirà poco ma che può vantare una finale Mondiale persa ai supplementari con la Spagna nel 2010.

Follia pura, state pensando? Concetto da noi assolutamente inapplicabile. Ma perché? Il posto di allenatore degli azzurri potrebbe fare gola a molti coach, non solo in Italia: contratto (di solito ricco) di 2 o 4 anni, possibilità di ricostruire dalle ceneri, opportunità di vivere in un paese che – pur con tutti i suoi difetti – è sempre in cima alla lista dei desideri di molte persone per la sua bellezza, il calore della gente, il cibo etc..

Sarebbe un bel passo in avanti, ed un meraviglioso segnale di trasparenza e meritocrazia per altri settori della nostra società, se la Figc postasse questa opportunità di lavoro sul proprio sito, con la specifica di professionalità ed esperienza richiesta (ad esempio: aver vinto almeno uno scudetto in uno dei maggiori campionati europei o aver raggiunto i quarti di finale in un Europeo o Mondiale), magari servendosi di un’agenzia di headhunting per il primo triage. E poi, una volta identificati i candidati migliori, la Federazione selezionerebbe un pannello di intervistatori (due membri della Federazione, il presidente degli allenatori italiani, un ex giocatore della nazionale – magari Buffon? – e – perché no? – uno psicologo del lavoro/ esperto di risorse umane) per il round finale.

Siamo legati ai vecchi schemi per cui un lavoro come questo viene assegnato su chiamata diretta, in base ai gusti di pancia del Presidente della Federazione e del suo entourage. E pare che chi di dovere sia già in contatto con Conte, Allegri, Ancelotti e compagnia bella. Su quali basi e criteri? Totalmente soggettivi. Perché, ad esempio, non si prendono mai in considerazione allenatori stranieri? L’Inghilterra ha avuto Capello ed Eriksson, tanto per dirne una… perché per l’Italia questa è semplicemente una non opzione?

Facciamo come succede nei paesi virtuosi, per posizioni anche più importanti e prestigiose di questa: processo aperto a chi ha le qualifiche necessarie, selezione secondo cv e storia professionale, intervista ai migliori candidati. Perché la meritocrazia e la scelta secondo criteri oggettivi non può essere un concetto applicabile solo ai lavori di più basso livello, di cui ci si scorda quanto più si sale in alto.

Articolo Precedente

Olimpiadi invernali, le staffette italiane fanno il pieno: argento nello short track donne, bronzo della mista nel biathlon

next
Articolo Successivo

Olimpiadi invernali 2018, Sofia Goggia d’oro nella discesa libera: è la prima italiana a fare l’impresa

next