Un’organizzazione con società intestate a prestanome e imprenditori specializzati nella commercializzazione di materiale sanitario, con la connivenza dei dipendenti dell’Azienda sanitaria, che riusciva a gestire e pilotare le forniture di ricambi elettromedicali e di altri materiali. È questo il cuore dell’inchiesta che ha portato il gip di Trento a firmare sette ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari e due misure cautelari di divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per due società.

L’indagine è stata condotta dai carabinieri del Noe e della Squadra mobile sulla gruppo che, secondo chi indaga, operava ai danni dell’azienda sanitaria dell’Alto Adige negli appalti di forniture sanitarie. Le misure cautelari sono state eseguite in Trentino Alto Adige, Lazio, Emilia Romagna e Lombardia, con le squadre mobili e i comandi provinciali carabinieri di Roma, Bolzano, Mantova, Pordenone e Brescia. Le due società coinvolte sono la Tecno Service con sede in Roma e la Heka con sede a Trapani.

Sono 40 i capi d’imputazione contestati ai sette indagati. Si tratta di un tecnico con qualifica di responsabile tecnico dell’ospedale di Merano, un dirigente della farmacia dell’ospedale di Merano, un tecnico dell’ospedale di Bolzano, un professionista trentino, il direttore tecnico e operativo di una multinazionale con sede a Roma specializzata nelle forniture elettromedicali, un dipendente della medesima multinazionale e un libero professionista mantovano. Sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere, rivelazione del segreto d’ufficio, turbata libertà degli incanti, frode in pubbliche forniture e corruzione aggravata. L’indagine era iniziata nel 2016 e, secondo le risultanze, i dipendenti dell’Azienda sanitaria inviavano alle due società di comodo, per il tramite dell’imprenditore trentino, le offerte economiche ricevute dalle ditte invitate a partecipare alle gare, affinché poi potessero offrire una cifra più bassa rispetto ai concorrenti e aggiudicarsi la commessa. Così le due società, oltre a vincere la gara, il più delle volte non consegnavano il materiale o lo consegnavano in misura minore rispetto a quanto previsto in fase di aggiudicazione, di fatto massimizzando così i propri profitti a discapito della sanità altoatesina. I referenti dell’Azienda sanitaria erano destinatari di gran parte dei profitti derivati dai reati, mentre il resto del denaro era destinato all’imprenditore trentino e alle ditte aggiudicatarie.

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