Filosofo, dottore in scienze politiche, borsista, ricercatore, professore prima associato e poi ordinario. Economista? Non tutti sono d’accordo, anche se, dice lui, “negli ultimi anni per avere un premio Nobel in economia non è più necessaria una laurea questa stessa materia”. Di fatto ma non di diritto, insomma, come dicono gli uomini di legge. Dalla sua pagina di Wikipedia al “blog delle stelle”, Lorenzo Fioramonti è conosciuto come “l’economista” del M5S. Il teorico – fra le altre cose – della critica sull’importanza del pil e della necessità di un reddito di cittadinanza. Colui che viene indicato come il possibile ministro dello Sviluppo economico in un ipotetico governo a 5 Stelle è in realtà laureato in Storia del pensiero politico ed economico moderno presso la facoltà di Filosofia all’Università Tor Vergata di Roma e ha conseguito un dottorato in Scienze Politiche presso l’Università di Siena (ultimo anno svolto presso l’Istituto universitario europeo di Firenze). Anche all’Università di Pretoria, in Sudafrica, dove Fioramonti si è trasferito e insegna da alcuni anni, la cattedra che si è guadagnato è sì quella di Economia Politica, ma presso il Dipartimento di Scienze Politiche.

Una disciplina, quest’ultima, in cui il professore classe 1977 si è impegnato per la gran parte del proprio percorso accademico, prima come studente e poi come ricercatore e docente. A Tor Vergata la tesi di laurea (110 e lode) è sul ruolo dei diritti di proprietà ed individuali in America e in Europa. Quindi due “school” (mini-master): uno estivo in Analisi dei dati delle scienze sociali presso l’University of Essex in Inghilterra, e l’altro in Unione Europea e Sviluppo presso l’Ispi di Milano (5 incontri da 15 ore ciascuno). Poi il dottorato a Siena, ancora in Scienze Politiche, “sull’Unione Europea che supporta le organizzazioni basate sulla comunità in Sudafrica” come “caso di studio sulla microassistenza alla democrazia”.

Anche le principali borse di studio ottenute dal 2008 a oggi si collocano in questo perimetro: la prima, da 50.000 euro, concessa dal ministero degli Affari Esteri italiano per “condurre un’indagine internazionale sull’opinione pubblica e le opinioni delle élite politiche dell’Unione Europea”, quelle da ben 450.000 euro totali dal Framework Program per “due progetti di ricerca su multilateralismo, inter-regionalismo e politica estera dell’Unione europea” o le varie fellowships relative al programma Jeanne Monnet presso il dipartimento di Scienze Politiche a Pretoria e, sempre nella capitale sudafricana, il Centre for the study of governance Innovation, che dirigere. In curriculum, anche due collaborazioni che gli sono valsi accuse e sospetti dei blog complottisti: quella del 2013 con la Rockefeller Foundation presso il Bellagio Center (Lago di Como) e una “borsa di studio speciale” della Compagnia di San Paolo – azionista di Intesa – “per le eccellenze nell’economia politica”.

Ma nel mondo accademico, si sa, contano i titoli. E se parliamo di economia in senso stretto, di tracce vere e proprie ne troviamo solo in alcune pubblicazioni. Il libro che lo ha reso celebre nel mondo pentastellato, innanzitutto: Presi per il Pil, volume dal titolo efficace edito da “L’Asino d’Oro Edizioni”, che tuttavia può contare sulla prefazione di Enrico Giovannini (economista ex presidente Istat e, ancor prima, ministro del Lavoro nel governo Letta); quindi i molti articoli sulla teoria della “Wellbeing Economy” in Africa. I giornali su cui ha pubblicato vanno da Ecological Economics a Perspectives: Political Analysis and Commentary passando per Anthropology today, African development review, Journal of civil society, Third World Quarterly e Politikon: South African journal of political studies.

“Le mie esperienze e la mia storia parlano da sole – dice Fioramonti a Ilfattoquotidiano.it – Ho scritto libri tradotti e citati in tutto il mondo e un mio capitolo è in pubblicazione nel prossimo libro di Stiglitz (Joseph, premio Nobel 2001, ndr). Mi occupo di economia e integrazione economica europea dai tempi del dottorato, sono co-direttore della più importante rivista scientifica di integrazione economica europea, The Journal of Common Market Studies”. E’ prassi nell’ambito scientifico, continua il docente, “riconoscere il valore dell’interdisciplinarità: negli ultimi anni, ad esempio, per avere un premio Nobel in Economia non è più necessaria una laurea in economia”. E ancora: “In Italia abbiamo avuto ministri dell’Economia che erano letterati, come Carlo Azeglio Ciampi, o giuristi come Amato. E anche in Francia Macron ha fatto il ministro dell’Economia con una laurea in Filosofia”.

Nel passato di Fioramonti anche alcune collaborazioni politiche. Oltre a una certa vicinanza, nel decennio scorso, alla Flc-Cgil, il sindacato dei ricercatori precari, nel suo curriculum è citata un’esperienza da assistente parlamentare, fra il 1997 e il 2000. “Ha aiutato – spiegano dall’ufficio stampa M5S – a titolo gratuito Antonio Di Pietro, quando l’Italia dei Valori stava nascendo, a sviluppare politiche per i giovani nelle periferie”, fra cui il quartiere di Torre Angela, dove è nato e cresciuto. A distanza di 20 anni, l’ex magistrato – contattato da Ilfattoquotidiano.it – sembra però non ricordarsi di quel giovane studente romano: “Il nome non mi dice proprio nulla, ma è passato molto tempo, potrei sbagliarmi, o forse collaborava con qualcuno dei miei”. Lo ricorda con piacere, invece, Emilio Baccarini, professore di Antropologia Filosofica a Tor Vergata, con cui nel 1999 ha curato la raccolta di saggi “Diritti umani 50 anni dopo”. “Un giovane molto intelligente e promettente. Vedo che però tende a escludere il nostro Ateneo da tutti i curricula, è un peccato”.

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