Il Tribunale amministrativo del Lazio dà ragione all’Inps sulla richiesta di inglese certificato nel bando per l’assunzione di 365 dipendenti a tempo indeterminato. Il motivo? Secondo i giudici Giuseppe Sapone, Pierina Biancofiore e Alfredo Storto, la Riforma Madia ha cambiato le carte in tavola per i concorsi pubblici che possono ora richiedere specifiche competenze certificate riducendo di fatto la platea dei partecipanti. Con questa motivazione, in una sentenza del primo febbraio 2018, il Tar ha respinto la richiesta di annullamento della determina (163 del 7 novembre 2017) con cui il presidente Tito Boeri ha indetto il concorso. Inoltre ha escluso la possibilità di annullamento della determina con cui è stato istituito il profilo di analista di processo per cui viene specificamente richiesta la “conoscenza certificata dell’inglese almeno al livello B2 del quadro comune europeo di riferimento, rilasciata da uno degli enti certificatori riconosciuti dal decreto n. 118 del 28 febbraio 2017”.

Nel dettaglio, il ricorrente, peraltro in possesso di certificazione Trinity College London di livello B, aveva contestato all’ente pubblico falsa applicazione della norma sulle assunzioni nel pubblico impiego, “eccesso di potere per arbitrarietà manifesta, irragionevolezza dell’azione amministrativa; per sviamento illogicità, ingiustizia manifesta, per straripamento; violazione dei principi del favor partecipationis, eccesso di potere per disparità di trattamento, per irragionevolezza, contraddittorietà, difetto di proporzionalità, ingiustizia grave e manifesta; violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione”.

Ma per i giudici amministrativi del Lazio sia il bando di concorso che la determina istitutiva del profilo di “analista del processo – consulente professionale”, non sono impugnabili perché successivi alla Riforma Madia. Secondo i giudici, sulla base del decreto legislativo del 25 maggio 2017 numero 75 (la Riforma Madia, per l’appunto) è infatti possibile chiedere l’accertamento della lingua inglese. “Il bando non ha fatto altro che recepire la modifica normativa oramai vigente al momento in cui esso è stato adottato”, si legge la sentenza. “L’uso del termine accertamento fa pensare alla fase della procedura concorsuale volta a verificare il possesso delle conoscenze richieste dal bando, come sostenuto da parte ricorrente e non invece ai requisiti di ammissione. Ma anche questa argomentazione non ha ragion d’essere”, prosegue la sentenza. Secondo i magistrati, la legge delega per il riordino della pubblica amministrazione (n. 124 del 7 agosto 2015) poi attuata con la riforma Madia, stabiliva all’articolo 17 la “previsione dell’accertamento della conoscenza della lingua inglese e di altre lingue, quale requisito di partecipazione al concorso o titolo di merito valutabile dalle commissioni giudicatrici, secondo modalità definite dal bando anche in relazione ai posti da coprire”. Per il tribunale amministrativo “risulta di tutta evidenza che ai fini dell’ingresso in tale figura professionale di nuova istituzione non era sufficiente l’accertamento della conoscenza della lingua inglese (…), ma era necessario, trattandosi di una figura specialistica, che la conoscenza della lingua inglese di un certo livello fosse individuata come requisito di partecipazione, essendone in ciò consentito” dalla legge delega del 2015.

Inoltre secondo il Tar, i partecipanti al concorso sarebbero anche stati avvisati per tempo della richiesta di una specifica conoscenza linguistica, nel momento in cui a metà ottobre l’Inps istituiva la figura dell’analista. Unica consolazione per il ricorrente è che il Tribunale “data la delicatezza delle questioni trattate” ha deciso di “ritenersi giustificati i motivi per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti”. D’ora in poi, quindi, gli aspiranti dipendenti pubblici faranno bene a munirsi di certificazione linguistica onde evitare di trovarsi impreparati per i futuri bandi di concorso.

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