Amnesty International ha lanciato un appello alle autorità israeliane per chiedere il rilascio della 17enne palestinese Ahed Tamimi, che domani dovrebbe comparire – salvo ulteriori rinvii – di fronte al tribunale militare di Ofer per rispondere di 12 capi d’accusa, tra i quali aggressione aggravata e incitamento alla violenza. La minorenne rischia fino a 10 anni di carcere.

Come è noto, il 15 dicembre scorso Ahed Tamimi aveva spintonato, schiaffeggiato e colpito a calci un soldato israeliano che, insieme a un altro militare, poco prima era entrato nel cortile della sua abitazione nel villaggio palestinese di Nabi Saleh in occasione di una manifestazione contro la decisione del presidente statunitense Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale d’Israele.

In precedenza un cugino della ragazza, il 15enne Mohammed Tamimi, era stato colpito alla testa da un proiettile di gomma sparato da corta distanza da un altro soldato israeliano. Si era reso necessario un intervento chirurgico che aveva dovuto rimuovere parte del cranio sinistro.

L’azione giudiziaria è iniziata dopo la diffusione su Facebook di un video della “aggressione aggravata” compiuta da Ahed Tamimi. Il 19 dicembre la minorenne è stata arrestata insieme alla madre Nariman (che aveva pubblicato il video) e alla 21enne cugina Nour.

Dalle immagini, che mostrano una ragazza disarmata e un soldato dotato di un fucile d’assalto e di equipaggiamento protettivo, si comprende bene come l’atteggiamento di Ahed Tamimi non costituisse alcuna minaccia significativa – tant’è che i due militari hanno gestito tranquillamente la situazione.

Il video ha provocato l’indignazione di molti israeliani e il ministro dell’Istruzione Naftali Bennett è arrivato a dichiarare alla radio militare che le tre arrestate avrebbero dovuto “trascorrere la loro vita in prigione”. Paradossalmente, anche i due soldati sono stati criticati per non aver reagito con la forza.

Secondo la Convenzione sui diritti dell’infanzia, di cui Israele è Stato parte, l’arresto, la detenzione o l’imprigionamento di un minore devono essere considerati come l’ultima misura a disposizione e devono durare il minor tempo possibile. L’arresto, il processo in corte marziale e la prevista detenzione di Ahed Tamimi fino alla sentenza sono provvedimenti palesemente eccessivi e sproporzionati. Per non parlare della possibile condanna.

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