Pechino farà di tutto per sanare circa il 90% dei terreni agricoli contaminati entro la fine del 2020. Lo ha dichiarato lunedì il ministro dell’Ambiente Li Ganjie, aggiungendo che verrà condotta un’indagine dettagliata sull’inquinamento del suolo attraverso l’istituzione di zone pilota destinate alla sperimentazione di tecniche di prevenzione e trattamento. Contestualmente, l’avvio di nuovi progetti infrastrutturali sarà limitato a un quarto del territorio nazionale.

Secondo uno studio del 2013, al momento una superficie pari a quella del Belgio risulta troppo contaminata per usi agricoli, con costi di risanamento intorno al trilione di yuan (210 miliardi di dollari). Il piano di recupero prevede inoltre, entro la fine del decennio, una riduzione delle risorse idriche indicizzate con “il grado V” – ovvero inutilizzabili persino per l’irrigazione o per scopi industriali – sotto il 5% (rispetto all’8,8% registrato a metà dello scorso anno), e un’estensione delle acque di “grado III” o superiore – ovvero idonee al consumo umano – a oltre l’80% del totale. Ugualmente ambizioso il target prefissato per alleviare il problema smog, che nei prossimi tre anni dovrebbe vedere 338 città arrivare a respirare “aria buona”.

Allarmato dalla moltiplicazione delle cosiddette “proteste verdi”, nel 2014 il governo cinese ha dichiarato guerra all’inquinamento antropico dopo trent’anni di crescita economica a briglia sciolta, promettendo di migliorare la qualità di aria, acqua e suolo. Da allora l’inquinamento è stato inserito tra le priorità dell’amministrazione guidata da Xi Jinping, insieme alla stabilità del mercato finanziario e alla riduzione della povertà nelle campagne. Soltanto la municipalità di Pechino ha stanziato l’equivalente di 2,6 miliardi di dollari per combattere lo smog nell’anno in corso, mentre altri 2 miliardi di dollari sono finiti in progetti di bonifica del suolo tra il 2016 e la fine del 2017.

“Quello di trattare e recuperare il suolo inquinato è un lavoro molto difficile, costoso e richiede un percorso lungo”, ammetteva lo scorso giugno il direttore del dipartimento del ministero dell’Ambiente preposto alla tutela del territorio. Secondo l’esperto, mentre il problema verrà “stabilizzato” effettivamente entro il 2020, i primi miglioramenti tuttavia verranno percepiti non prima del 2030. Un bel grattacapo per Pechino, impegnato a migliorare il tenore di vita della popolazione cinese, che sebbene prevalentemente urbana dal 2012 conta ancora all’incirca 590 milioni di abitanti nelle zone rurali.

Il piano di bonifica va letto alla luce del cosiddetto “documento N°1”, il primo rapporto politico del 2018 rilasciato domenica dall’Ufficio generale del Comitato centrale del Partito comunista cinese in tandem con l’Ufficio generale del Consiglio di Stato. “Migliorare l’ambiente di vita rurale è un compito fondamentale per permettere al paese di raggiungere il suo obiettivo di costruire una società moderatamente prospera entro il 2020”, chiarisce il comunicato presentando un piano in tre step che parte da un primo “ringiovanimento” delle campagne (2020), passa per un periodo intermedio di “modernizzazione” (2035) fino a raggiungere il “completo ottenimento del benessere dei contadini” (2050).

Il documento annuncia tra le iniziative un allentamento delle restrizioni sull’utilizzo delle terre amministrate collettivamente dai villaggi con lo scopo di impiegare gli appezzamenti inutilizzati per nuovi progetti residenziali, con lo scopo implicito di  sopperire alla carenza dei terreni edificabili, tra le principali cause dei costi vertiginosi dell’immobiliare. Nel 2016, il 15,8% delle abitazioni rurali intorno alla città di Wuhan, nella provincia dello Hubei, risultavano vuote, molte abbandonate da contadini andati in cerca di fortuna nelle grandi città.

Da alcuni anni il governo è impegnato in un programma di modernizzazione del settore agricolo che comprende, tra le altre cose, una limitazione nell’impiego dei pesticidi nonché una revisione delle storiche politiche a sostegno della produzione del grano in favore di una maggiore partecipazione del mercato nella stabilizzazione dei prezzi. Come ricorda il quotidiano China Daily, “il fatto che per il 15esimo anno di fila il documento N°1 sia dedicato all’agricoltura, agli agricoltori e alle aree rurali è un chiaro segno di quanto siano centrali le politiche rurali per la sicurezza alimentare del paese e per il benessere e la stabilità della popolazione”. Insomma, per il “Sogno Cinese”.

di Chinafiles per Ilfattoquotidiano.it

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