“Che cos’è un incubatoio? Come può, un luogo in cui si schiudono delle uova e vengono al mondo dei pulcini, fare così paura?”.

Con queste domande inizia il personale resoconto di Ambra, la ragazza che per conto di Essere Animali ha lavorato alcuni mesi nella “fabbrica dei pulcini”, una delle aziende italiane in cui nascono quegli animali destinati ad ingrassare negli allevamenti per diventare carne di pollo. Solo in questo stabilimento ne nascono circa 1 milione a settimana.

E queste domande sono dirette alla maggior parte degli italiani, ignari dell’orrore che accompagna il primo giorno di vita per milioni di pulcini. Un orrore che, proprio grazie ad Ambra e al video che ha girato con telecamere nascoste e abbiamo diffuso attraverso i media, è stato messo finalmente sotto gli occhi di tutti.

Il video, narrato da Paola Maugeri, è forte, terribile, e sta indignando tutti quelli che lo vedono. Ma per capire cosa accade davvero in questa “fabbrica di pulcini”, oltre alle immagini, sono importanti le parole che usa Ambra per descrivere il suo primo giorno di lavoro.

Le porte si aprono, e mi sento immediatamente come se fossi stata lanciata in una dimensione parallela. L’odore e il frastuono sono talmente forti che mi sento subito disorientata. La prima cosa che vedo di fronte a me è il nastro trasportatore, letteralmente colmo di pulcini. Piccoli batuffoli gialli che cadono fuori da un grande macchinario e che, ammassati su un lungo nastro davanti ai miei occhi, vengono trasportati verso la stanza successiva.

Ci sono dei macchinari rumorosi, delle luci al neon, delle ventole e dei carrelli, ma non riesco a sentire altro che quel fortissimo pigolio acuto e assordante che mi avrebbe accompagnata incessantemente, come non riesco a smettere di fissare quel rullo e tutti quei pulcini.”

Di fronte a simili immagini molti ci hanno chiesto di fare il nome dell’azienda coinvolta, per poterla boicottare. Abbiamo invece scelto di non renderlo pubblico per un motivo ben preciso: quello che si vede nel video non è un’eccezione, si tratta della pratica standard utilizzata in tutti gli incubatoi industriali, per qualunque marchio che entra nella grande distribuzione. Fare il nome avrebbe focalizzato l’attenzione su una singola azienda, quando invece vogliamo che si conoscano i retroscena di un intero settore che ogni anno manda al macello più di 500milioni di polli.

Quando diffondiamo immagini come queste, in cui la violenza verso gli animali è esplicita, anche solo nel sistema stesso di produzione e lavorazione, ci sono sempre espressioni non solo di sdegno ma anche di rabbia, che spesso finiscono col definire i lavoratori “criminali”, “violenti”, “sadici” e via dicendo.

Le cose non sono però così semplici. Di solito non si entra in questi luoghi di lavoro perché insensibili, ma si diventa estremamente indifferenti alla sofferenza degli animali lavorandoci. La stessa Ambra ha scritto che “Le operatrici e i lavoratori all’interno dello stabilimento sono costretti a mettere da parte i loro sentimenti e i loro istinti per poter lavorare”, come a ricordarci che è quella macchina produttiva a tutta velocità che stritola sia animali che sentimenti umani.

Le lavoratrici sono sottoposte a forti pressioni: non ci si può staccare dalla linea, non si può rimanere indietro, bisogna lavorare sempre più veloci. (…) Cerco di liberare dei pulcini incastrati, o a fare spazio in maniera che non vengano schiacciati, ma vengo ripresa, «non c’è tempo per questo, fai il tuo lavoro e basta».

Ci sembra importante far notare questo dettaglio perché qui non si tratta di puntare il dito verso colpe individuali, piuttosto contro un sistema produttivo che ha privato gli animali di ogni diritto, li ha relegati al rango di oggetti e macina le loro vite a una velocità tale da portare tutti le persone che vi lavorano ad adeguarsi a questa forma mentis. E sempre più studi psicologici in diverse parti del mondo mostrano quanto chi lavora in macelli o incubatoi soffra non solo di sindrome da stress post-traumatico ma può avere maggiore propensione all’uso di violenza verso altri esseri umani.

La produzione industriale di carne è davvero un incubo per tutti, non solo per gli animali. Sarebbe l’ora di trovare il modo per cambiare le cose e svegliarsi in un mondo migliore.

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