L’apertura della fermata San Giovanni della linea C diventa sempre più un mistero. Annunciata “entro il 4 marzo” dal Campidoglio prima di Natale, l’inaugurazione non solo non è in calendario, ma la società capitolina Atac Spa non ha nemmeno ancora ricevuto indicazioni per l’avvio del collaudo dell’ultima tratta, fra le fermate Lodi e – appunto – San Giovanni. Un “pre-esercizio” (in gergo tecnico) che a norma dovrebbe durare almeno 45 giorni e che il Dipartimento capitolino aveva già cercato, fra le polemiche interne, di accorciare a 30 giorni. Oggi che alla fatidica data di giorni ne mancano appena 26, appare quanto meno improbabile che si possa rispettare l’impegno preso e arrivare a un taglio del nastro nella data prevista, facendo slittare ancora una volta una inaugurazione attesa ormai da 12 mesi, tanti ne sono passati dall’Open Day del 1 aprile 2017.

A creare altri punti interrogativi sul futuro della linea ci hanno pensato, indirettamente, anche la sindaca Virginia Raggi e l’assessora alla Mobilità, Linda Meleo. Durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo collegamento tranviario che dal 2020 unirà Piazza Vittorio Emanuele a Via dei Fori Imperiali, a domanda de IlFattoQuotidiano.it sulle reali possibilità di apertura della stazione San Giovanni entro il 4 marzo, la prima cittadina ha chiesto alla sua assessora di non rispondere. Un no comment ripetuto da Meleo anche nelle dichiarazioni a margine e bissato dal silenzio rispetto a un interrogativo posto da una giornalista dell’Ansa sui programmi per la prosecuzione dell’opera. “Questo argomento sarà oggetto di un’altra conferenza stampa”, hanno detto i portavoce della sindaca. Ma di certo i silenzi non aiutano a comprendere cosa stia succedendo.

La coincidenza fra la data della paventata inaugurazione e quella delle elezioni politiche e regionali ha innescato catena di meccanismi ben oltre le già pachidermiche tempistiche tecniche. Pesano sul fardello della pratica, ad esempio, le 502 pendings irrisolte evidenziate dalla Commissione collaudo ministeriale presieduta da Andrea Monorchio, fra cui sono compresi argomenti seri come le prove statiche e altri di “colore” come la presenza di un nido di piccioni difficile da sfrattare. Il 30 gennaio scorso il Consorzio Metro C – il costruttore – ha emanato un comunicato ufficiale in cui si dice che “tutti i certificati sono stati prodotti” e che “l’opera è pronta per essere presa in consegna”. Ma il passaggio non è mai avvenuto. Né si verificherà entro la settimana. “Ci sono accertamenti tecnici in corso”, ribattono dalla società capitolina Roma Metropolitane – la stazione appaltante – senza fornire ulteriori spiegazioni.

E non è tutto. In una lettera inviata il 23 gennaio dal Consorzio a Roma Capitale, si evince che il Campidoglio non ha ancora provveduto alla “rimodulazione del Quadro Economico della Linea C” per la prosecuzione della linea verde da Colosseo fino a Clodio, lettera in cui i costruttori affermano “che il protrarsi di tale irresponsabile inerzia non soltanto la esporrà a gravose conseguenze di carattere economico e contrattuale, ma potrà pregiudicare irrimediabilmente gli interessi della cittadinanza”. Le affermazioni dei costruttori cozzano con l’emendamento al Bilancio 2018, approvato in Assemblea Capitolina il 26 dicembre scorso, che spostava 16 milioni di euro sulla prosecuzione dell’opera. E come si lega questa vicenda con l’apertura di San Giovanni? “Non c’è alcun legame – spiegano fonti del Consorzio – su San Giovanni noi abbiamo fatto tutto quello che era nei nostri compiti”. Eppure, in oggetto alla missiva del 23 gennaio si parlava di “criticità che condizionano la collaudabilità della prima fase funzionale della linea C, da Monte Compatri-Pantano a San Giovanni”. A cui per ora hanno accesso solo i piccioni.

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