Sei condanne con dai 2 ai 4 anni. È la sentenza emessa dai giudici di Napoli nel processo per la mancata bonifica dell’area di Bagnoli e dell’area dell’ex Italsider. Il verdetto della VI sezione del Tribunale di Napoli prevede anche la revoca del sequestro dell’area. I principali reati contestati sono di disastro ambientale e truffa. I giudici hanno condannato a 4 anni Gianfranco Caligiuri, ex direttore tecnico di Bagnolifutura, a 3 anni Sabatino Santangelo, ex presidente di Bagnolifutura ed ex vice sindaco di Napoli, ed Alfonso Di Nardo, dirigente Arpac, a 2 anni Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale del ministero dell’Ambiente, Mario Hubler, ex direttore generale della società Bagnolifutura e Giuseppe Pulli, del dipartimento Ambiente del Comune di Napoli. Il pm, Stefania Buda, al termine della requisitoria aveva chiesto la condanna di 8 imputati e l’assoluzione per sei. Gli altri imputati sono stati assolti o in alcuni casi è stata dichiarata la prescrizione dei reati contestati. I giudici hanno derubricato l’accusa di disastro ambientale doloso in quella meno grave di disastro colposo.

“Il dissequestro è benvenuto perché consente al proprietario dell’area, che in funzione di una norma è Invitalia, di poterla gestire pienamente. Prima dell’estate credo si possa iniziare lavori di progettazione della bonifica” ha detto all’Ansa l’amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri -. Una parte delle problematiche che abbiamo avuto – spiega Arcuri – è stata legata alla legittima decisione da parte del tribunale di tenere l’area sequestrata in attesa di questa sentenza. Questa lesione è venuta finalmente meno e ringraziamo il tribunale che ha disposto il dissequestro che ci permette ora di semplificare e velocizzare le operazioni su Bagnoli”. Arcuri ricorda che Invitalia ha “bandito la gara per la progettazione delle bonifiche, avendo condiviso con la cabina di regia i risultati dell’analisi tecnica che hanno evidenziato scientificamente che la bonifica va fatta da capo”. La bonifica è tuttora da rifare. 

L’accusa, sulla scorta anche di una perizia disposta dal Tribunale, aveva contestato agli imputati i reati di truffa e disastro ambientale, dal momento che le aree industriali in questione, un tempo occupate da Italsider ed Eternit, sono risultate pesantemente inquinate.  Le aree in questione – secondo la Procura – non solo non sarebbero mai state sottoposte a interventi di bonifica, ma addirittura sarebbero peggiorate dopo gli interventi attuati, con pesanti ricadute sulla salute dei cittadini.

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