Caro Di Maio, un avviso di garanzia non è una condanna, altrimenti per voi sarebbe un dramma”. “Ci risparmi le sue parole gonfie di retorica e ipocrisia. Ci dica quanti soldi gli ha dato Buzzi dei 9 milioni di euro arraffati dal Pd che non hanno un nome e un volto e ritiri gli impresentabili“. Il duello a colpi di post su facebook tra Matteo Renzi e Luigi Di Maio ha preso il via domenica pomeriggio, dopo la pubblicazione da parte del candidato premier M5s di un elenco di 23 candidati indagati, imputati o condannati di Pd e Forza Italia, con tanto di “modulo” allegato per favorirne il ritiro. Il punto di partenza è il caso di Emanuele Dessì, candidato nelle liste laziali M5s per il Senato, su cui il Movimento ha fatto marcia indietro sabato sera facendogli firmare una rinuncia al seggio dopo le foto di Dessì con Domenico Spada e la polemica per la casa comunale in affitto a 7 euro al mese.

Di Maio, domenica, chiede agli altri partiti di fare lo stesso, pubblica l’elenco e sfida Renzi: “Ha diffamato pubblicamente il MoVimento 5 Stelle dicendo che noi abbiamo impresentabili. Gli impresentabili e riciclati li ha messi lui nelle liste con un atto d’imperio fregandosene degli iscritti e della democrazia interna del suo partito”. Il segretario Pd risponde nel giro di poche ore: “Di Maio è in difficoltà fa sempre la stessa cosa: attacca me e il Pd. E sempre con la solita mossa: il ritornello dei candidati impresentabili. E fa l’elenco di qualche nostro candidato che ha ricevuto avvisi di garanzia”. Renzi trascura gli imputati della lista e va avanti sulla linea degli indagati: “Caro Di Maio, quello che ancora non hai capito è che un avviso di garanzia non è una condanna. Non si diventa impresentabili per un avviso di garanzia o per essere indagati. Perché altrimenti per voi sarebbe un dramma. Perché tu, caro Di Maio, sei stato indagato“. Segue elenco dei sindaci M5s con avvisi di garanzia come Appendino e Nogarin, o a giudizio, come Raggi. Anche se questi ultimi non sono candidati per le Politiche 2018. Il crescendo renziano arriva al clou con l’invito a un confronto pubblico e una stoccata finale, che torna al punto di partenza: “Impresentabile, però, rimane Dessì, per le sue amicizie. Anche se non ha avvisi di garanzia. Talmente impresentabile che se ne vergognano anche i Cinque Stelle. Ok, è chiaro: Dessì vi mette in imbarazzo. E siamo pronti a non parlarne se questo vi fa stare più tranquilli”.

Anche la controreplica di Di Maio torna al punto di partenza, quello degli indagati e condannati. “Renzi anziché ritirarli e chiedere scusa ha deciso di difendere la sua truppa di impresentabili. Si permette di fare la morale a noi sulle amicizie di un candidato che ha preso l’impegno a rinunciare a candidatura ed elezione, lui che é segretario di un partito che ha preso migliaia di euro da Buzzi di mafia capitale che infatti ha partecipato a una cena di finanziamento del Pd”. E va avanti con i nomi degli impresentabili Pd. “Ha deciso di difendere gente come Mr fritture di pesce (Franco Alfieri, ndr), già condannato in appello a restituire 40.000 euro al Comune di Agropoli e imputato per omissione in atti d’ufficio e sottrazione di beni alla loro destinazione: avrebbe lasciato dei beni sequestrati alla Camorra, e destinati al Comune di Agropoli, nella disponibilità dei vecchi proprietari”. E l’elenco continua. “Renzi difende De Luca junior che è candidato per diritti ereditari, visto che l’unica altra sua nota di merito è essere imputato di bancarotta fraudolenta per il crac della società immobiliare Ifil. Renzi difende Ferdinando Aiello , Brunello Censore e Antonio Scalzo in Calabria, rinviati a giudizio nel luglio scorso. Renzi difende Claudio Mancini (proporzionale Camera Latina), Carlo Lucherini (uninominale Senato Guidonia), Bruno Astorre, (proporzionale Senato), Claudio Moscardelli, tutti coinvolti nell’inchiesta sui rimborsi e le spese di rappresentanza del gruppo alla Pisana fra il 2010 e il 2012, rinviati a giudizio lo scorso settembre”.

E poi l’affondo sul caso De Benedetti e sugli impresentabili del centrodestra, su cui il segretario dem non ha detto nulla: “Lui che ha spifferato a De Benedetti il decreto sulle popolari che ha permesso all’editore di Repubblica un plusvalore di 600.000 euro alla faccia dei risparmiatori sul lastrico. Lui che non ha detto una parola sui candidati impresentabili del suo vero alleato Berlusconi“. Lo scambio domenicale tra i due leader, dalla lista degli impresentabili alla rivendicazione di “garantismo” di Renzi, si chiude qui. Anzi no, perché sulla questione Buzzi-Mafia capitale il fedelissimo renziano Francesco Bonifazi annuncia strascichi in tribunale: “Quel ragazzo non sta bene, è disperato: rinunci all’immunità parlamentare e risponda in tribunale delle accuse false ed infamanti che lancia contro il Pd”.

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