di Francesco Desogus

In teoria sarebbe il terzo comune d’Italia, dopo Livigno e Campione d’Italia, in cui vige seppur non in modo identico, il regime di Zona franca. Si tratta di Giave, provincia di Sassari, un piccolo comune del Meilogu di poco meno 600 abitanti. La sindaca è  una donna combattiva e determinata: Antonietta Uras, 51 anni, diploma di ragioniere, titolare di una piccola impresa di lavorazione marmi. D’autorità e con coraggio, la Giunta Comunale con una delibera (n.105 del 03/11/2017) ha istituito la Zona franca al consumo. Entrata in vigore  del nuovo regime fiscale il 1° gennaio 2018. Da quella data i residenti di Giave dovrebbero pagare la benzina 50 centesimi al litro. O quasi.

Tutto ha inizio con una delibera del Consiglio della precedente maggioranza, che nel 2013 diede mandato al sindaco di adottare gli atti per l’istituzione e l’operatività in questo Comune della Zona franca e conseguente applicazione dei diritti speciali sui generi riservati alla popolazione residente, senza il pagamento di dazi doganali, iva e accise. Il motivo è semplice, viene preso in primo luogo il Trattato di Roma del 1957 che istituì la Comunità Europea. Per i territori svantaggiati, come individuati all’art. 92 del Trattato dichiarati extra doganali in quanto “ il tenore di vita dei residenti sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma di sottooccupazione”.

La normativa successiva c’è, comunitaria, nazionale e regionale, ma è di fatto solo sulla carta in quanto mai applicata. Si aggiunge l’articolo 12 dello Statuto speciale per la Sardegna “Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato. Saranno istituiti nella Regione punti franchi“. Forte del provvedimento, il Comune aveva preavvisato sia il gestore all’unico distributore del paese sia la Kuwait Petrolium del nuovo regime di esenzione a favore dei residenti. Più che mai decisa, a Capodanno, la sindaca Uras si è presentata al rifornitore, pistola alla mano, pieno diesel e foto di rito.

Giusto 20 euro, per niente delusa di ritrovare il solito prezzo che tutti noi paghiamo gonfiato dai balzelli, compreso il contributo per la guerra d’Etiopia. Serafico il titolare dell’impianto, Giuseppe Mura, che ha dichiarato di non poter fare niente. “Chi mi rimborsa? Qui la benzina si paga ancora a prezzo pieno!”. Ma il dado è tratto.  Dopo un appello rivolto a tutto il popolo sardo, il 10 gennaio a Giave sono accorsi in tanti ad ascoltare l’impavida eroina. Una vera standing ovation. Sindaci, semplici cittadini e poi l’abbraccio di Maria Rosaria Randaccio presidente del Movimento Sardegna Zona franca che da anni porta avanti questa battaglia. Gli esponenti sardi dei principali partiti non si scompongono: Da un netto “Non si può” al rimprovero “Si danno false speranze”.
Intanto, la sindaca non si perde d’animo: “Tutti i residenti avranno una scheda sulla quale segnare l’importo pagato. Cifra di cui potranno chiedere il rimborso o portare anche come compensazione di altri tributi. Naturalmente ci si riferisce esclusivamente alle percentuali di iva e accise”. Però chiarisce: “E’ solo una provocazione per vedere fino a che punto si può percorrere l’idea della zona franca. Quando qualcuno mi dirà di fermarmi lo farò ma almeno avrò dimostrato che la zona franca è un sogno impossibile da realizzare e penseremo ad altro”.

In attesa di capire se la Zona franca sarà realtà, nelle ultime ore la sindaca ha incontrato i responsabili Q8 per definire soggetti e modalità del diritto al rimborso.

Comunque finirà, benvenuti a Giave.

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