Imputati. Ma anche figli d’arte  o semplicemente impresentabili. Ci sono tutti in Calabria, dove il manuale Cencelli è superato da molti anni e il peso dei politici candidati sembra essere direttamente proporzionale ai problemi giudiziari. Chi non li ha, può contare almeno su un cambio di casacca o su un’eredità familiare da difendere con i denti. I partiti non si fanno mancare nulla: da Forza Italia al Pd passando per Noi con Salvini.

IMPUTATI – Sul fronte giudiziario, gli imputati sono tre. Il primo è candidato con Forza Italia al collegio uninominale di Catanzaro. Si tratta del consigliere regionale Mimmo Tallini, ancora oggi imputato per abuso d’ufficio nei processi “Multopoli” e “Catanzaropoli”. Quest’ultimo è il processo in cui poche settimane fa il Comune di Catanzaro, indicato come parte offesa, ha deciso di non costituirsi parte civile. L’avrebbe dovuto fare il sindaco Sergio Abramo che con Tallini non è solo compagno di partito ma è anche coimputato nel processo “Multopoli”. Nel processo “Rimborsopoli”, che si sta celebrando a Reggio Calabria, sono imputati tre candidati del Partito democratico che, nel collegio di Corigliano ha inserito l’uscente Ferdinando Aiello, nel collegio di Vibo Valentia, schiera l’uscente Brunello Censore e, nel collegio di Crotone, il consigliere regionale Antonio Scalzo. Renzi ha inserito quest’ultimo anche al terzo posto nel proporzionale al Senato dopo che, nella recente operazione “Stige”, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Guarascio hanno arrestato il sindaco di Strongoli Michele Laurenzano, capostruttura proprio di Scalzo al Consiglio regionale. A proposito di “Rimborsopoli”, nello stesso processo è imputato l’ex vice presidente della Regione Calabria Nicola Adamo (Pd) che non è candidato. Lo è, invece, sua moglie Enza Bruno Bossio che il Partito democratico ha inserito al primo posto del listino proporzionale di Calabria NordE siccome la “par condicio” la deve rispettare anche la quarta gamba del centrodestra, il movimento di Quagliarello punta su uno dei principali imputati di “Rimborsopoli”: l’ex assessore regionale e parlamentare di Forza Italia Luigi Fedele che, nel 2015, era stato arrestato nell’inchiesta della guardia di finanza e oggi, dietro il simbolo “Noi con l’Italia”, guida il listino proporzionale Calabria Sud alla Camera.

INTERCETTATI DALLA DDA E AMMONITI PER STALKING – Non è tra gli imputati, ma compare nelle carte dell’inchiesta “Alchemia”, poi confluita nel processo “Gotha”, il consigliere regionale di Forza Italia Francesco Cannizzaro, candidato nel collegio di Gioia Tauro. Nei mesi scorsi è stato assolto dall’accusa di voto di scambio nel processo “Ecosistema”, ma il suo nome è vicino a quello del senatore Antonio Caridi. Nel 2012 tutti e due era stati iscritti dalla Dda di Reggio Calabria nel registro degli indagati con l’accusa di associazione mafiosa. Al termine delle indagini la Procura ha chiesto il processo solo per il senatore con il quale Cannizzaro ha partecipato ad una cena svoltasi a Limbadi, feudo della cosca Mancuso, presso il capannone di Pantaleone Contartese (indagato anche lui). Nel fascicolo dell’indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale di Reggio Calabria, sono finite le intercettazioni di Cannizzaro con Jimmi Giovinazzo, il boss della Piana di Gioia Tauro grande elettore del senatore Caridi. Quest’ultimo, nella stessa inchiesta del 2016, ha visto finire in carcere il suo factotum Giuseppe Iero che, tra l’altro, lavorava anche presso la segreteria di Cannizzaro. Non è indagato ma ha ricevuto nell’agosto 2016 un ammonimento orale dal questore di Reggio Calabria il consigliere comunale Massimo Ripepi che Fratelli d’Italia, candida al secondo posto nel listino proporzionale al Senato, subito dietro Isabella Rauti.

Pastore e padre della chiesa cristiana “Pace”, Massimo Ripepi era stato denunciato da una donna alla quale, con il suo “atteggiamento vessatorio” – è scritto nel provvedimento del questore – avrebbe “cagionato un disagio psico-fisico, ed un forte timore per la sua incolumità”. Stando “alle necessarie informazioni assunte”, infatti, “è stato accertato – si legge sempre nell’ammonimento – il fatto che, con il suo comportamento, ha posto in essere atti persecutori, riconducibili alla fattispecie di cui all’articolo 612 bis del codice penale (il reato di stalking, ndr) attraverso più condotte anche mediante modalità diffamatorie a mezzo internet, che si sono concretizzate in atteggiamenti denigratori, di disturbo e di molestie in pregiudizio della signora”. Addirittura il questore aveva informato il candidato di Fratelli d’Italia (che ha fatto ricorso contro l’ammonimento) che nel territorio del Comune di Reggio Calabria, di cui è consigliere, è disponibile il dipartimento di Salute mentale “a cui potrà rivolgersi”. Sempre sul fronte centrodestra, poche ore prima della presentazione delle liste alla Corte d’Appello di Catanzaro, Noi con Salvini ha candidato l’avvocato Giancarlo Cerrelli nel collegio di Crotone alla Camera. All’ultimo momento è saltata alla candidatura del responsabile regionale del partito Domenico Furgiuele, un ragazzo di 35 anni ma soprattutto genero del noto imprenditore Salvatore Mazzei, “gravato da numerosi precedenti penali” e arrestato un paio di mesi fa per un cumulo di pene di due anni e 11 mesi di carcere. Nel 2016 al suocero del candidato di Noi con Salvini i carabinieri del Noe e del Comando provinciale hanno sequestrato beni per 200milioni di euro, oggi confiscati.

Il nome di Furgiuele, che comunque guiderà i due listini della Lega alla Camera, compare nelle carte dello scioglimento del Comune di Lamezia Terme dove i commissari prefettizi ricordano vicende del 2007, quando il candidato di Noi con Salvini, aveva 24 anni: “Agli atti d’ufficio e alla banca dati Sdi sui precedenti di polizia”, – si legge nella loro relazione – Furgiuele annovera “reati contro la persona e divieto di accesso ai luoghi dove si volgono manifestazioni sportive”. Poca roba ma in compenso ha sposato Stefania Mazzei, la figlia dell’imprenditore arrestato, la quale “risulta indagata, unitamente ad altre 7 persone tra cui la sorella Maria Concetta” per reati in materia di misure di prevenzione patrimoniale.

CATAPULTATI, FIGLI D’ARTE, TRASFORMISTI E CHIACCHIERATI – “Non ci saranno catapultati in Calabria”. Aveva tuonato appena dieci giorni fa Renato Brunetta in una convention organizzata dal consigliere regionale Alessandro Nicolò che fino a ieri era tra i candidati “blindati”. Detto fatto: fuori Nicolò e dentro Marco Siclari, ex consigliere comunale di Roma Capitale (ai tempi di Gianni Alemanno) e oggi fedelissimo di Antonio Tajani. È il fratello dell’ex sindaco di Villa San Giovanni, Giovanni Siclari, sospeso per effetto della legge Severino dopo la condanna in primo grado a un anno e mezzo di carcere per abuso d’ufficio. Il neo candidato “catalputato” in Calabria dopo l’esperienza romana è figlio di Francesco Siclari che, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, era stato coinvolto in un’indagine per mafia dalla quale è uscito assolto. Suo padre è stato vittima anche di un’estorsione consumata ai suoi danni dal boss Nino Imerti e dal collaboratore di giustizia Giuseppe Scopelliti che, nel 1986, ha piazzato un ordigno davanti al portone della sua abitazione. Lo stesso pentito – si legge nelle carte del processo “Olimpia” – lo indica come un imprenditore vicino “al boss Ciccio Serraino (ucciso all’inizio della guerra di mafia all’interno dell’ospedale di Reggio pochi giorni prima della bomba sotto l’abitazione di Siclari, ndr) e collegato da stretti vincoli con i Bertuca, la famiglia mafiosa di Cannitello, tanto che nel loro cantiere lavoravano alcuni esponenti del “locale”, quale Totò il Fiore e Vincenzo Bertuca”.

Vicinissima all’ex sindaco Lavalle (arrestato nell’operazione Metauros), la famiglia Siclari era proprietaria di due società che avevano avuto un contenzioso con Eurolink, l’associazione temporanea di imprese che, nel 2005, si è aggiudicata con 3,88 miliardi di euro la gara d’appalto come contraente generale per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Un contenzioso, risolto in via transattiva, legato alla determinazione a titolo di indennizzo per l’espropriazione temporanea, per pubblica utilità, di proprietà anche di Marco Siclari. In altre parole, Eurolink ha pagato e su Facebook, all’epoca, il neo candidato alla Camera si spellava le mani per la mega-opera domandandosi: “Inquina più un pilastro del ponte o una nave radioattiva?”. È stata costretta all’emigrazione, invece, l’uscente deputata del Pd Stefania Covello. Il suo mentore, Ettore Rosato, l’aveva inserita anche in una lista proporzionale della Camera in Campania e due giorni fa è stato costretto a rimuoverla perché la legge elettorale (che lo stesso Rosato ha contribuito a scrivere) non consente la doppia candidatura al Senato in Calabria. La parlamentare cosentina ed ex componente della segreteria nazionale del partito, quindi, è finita catapultata in Campania. Non è indagata, ma nel 2007, il suo nome era finito in un’informativa dei carabinieri sulle cosche di Cosenza. Lo aveva fatto in una telefonata il boss Francesco Patitucci, intercettato dalla Dda di Catanzaro. Il capocosca si stava informando sull’esito delle primarie per l’Assemblea costituente del Pd: “La Covello è andata bene?” – si legge nelle carte degli inquirenti – “Sì, sono entrati tutti e due, hanno votato sia Sandro che la Covello…”. “Ah buono, buono …”.

Se la Covello va, un Gentile torna. Non Tonino però. Abbandonato Berlusconi per seguire Alfano nel governo con il Pd, nelle ultime settimane l’ex sottosegretario ha deciso di ritornare a Forza Italia ma non si ricandiderà più. La famiglia è importante. E i voti sono un bene di famiglia. Ecco perché, nel collegio Castrovillari-Paola, lo farà per lui suo figlio sempre in Forza Italia, il primogenito Andrea Gentile che in passato è stato consulente di Fincalabra (con un contratto da 37 mila euro l’anno) e dell’Asp di Cosenza che gli costò un’inchiesta della Procura della Repubblica da cui poi è uscito pulito. Giovane avvocato neanche quarantenne che, nel 2016, è stato nominato su indicazione del ministro della Salute Beatrice Lorenzin (che oggi corre in coalizione con il Pd) nel consiglio di amministrazione dell’Istituto nazionale Tumori di Milano. Un incarico da 31mila euro lordi l’anno fino a dicembre 2018.

Dal Popolo della Libertà, con il quale è stato eletto al Senato, al Partito Democratico che oggi lo candida alla Camera in quota Lorenzin: il partito di Renzi punta su Nico D’Ascola affidando il collegio di Reggio Calabria all’ex avvocato di Berlusconi ed ex socio di Nicolò GhediniNon è la situazione più strana. Peggio ha fatto Giacomo Mancini che correrà anche lui sotto la bandiera del Pd a Cosenza. Nipote del più noto ministro socialista ed ex sindaco della città bruzia, Mancini è stato ex assessore del governatore del Pdl Giuseppe Scopelliti e candidato nel 2014 con il centrodestra. Per lui le preghiere, fino al 4 marzo, sono doppie. Vincerà comunque però: se il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Fausto Orsomarso, al primo posto nel listino proporzionale Calabria Nord, dovesse approdare alla Camera, Giacomo Mancini (oggi verdiniano e sostenitore della coalizione del Pd) prenderà il suo posto a Palazzo Campanella in quanto primo dei non eletti nel 2014 quando insieme correvano sotto la bandiera del Pdl.

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