Quanto tempo ci vuole per assumere 21 persone? All’Enit, Ente nazionale del turismo più di un anno non è stato sufficiente. Hanno pubblicato il bando a dicembre del 2016 e nonostante tutti sappiano quanta fame di lavoro ci sia in giro, non si aspettavano di ricevere 12mila domande. E ora il direttore generale, Giovanni Bastianelli, un manager che ha collaborato sempre per faccende di turismo con il governatore Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, si giustifica: “Siamo pochi, dovevamo decidere se continuare a occuparci di turismo o se fare le selezioni”. Mette le mani avanti e promette: “Entro febbraio ne assumeremo una decina, il resto tra marzo e aprile”. Questa storia del concorso monstre che non riescono a chiudere ha fatto saltare il tappo a un’insofferenza che cova da mesi nei confronti dell’Enit, accusato di essere sparito dai radar proprio in uno dei momenti d’oro per il settore sia in Europa sia in Italia.

Anche se i dati ufficiali vanno sempre presi con le molle perché insufficienti e spesso contraddittori, tutto lascia credere che anche in Italia ci sia un boom. Di fatto il terrorismo che imperversa nel Nord Africa e nel Medio Oriente avvantaggia le mete italiane, arrivano a frotte i nuovi giramondo cinesi, sono tornati con convinzione gli americani e poi i russi e i soliti francesi, tedeschi, spagnoli. Più o meno a spanne si calcola che nei primi 9 mesi del 2017 gli arrivi (in cui sono conteggiati anche i flussi interni di italiani) sarebbero cresciuti del 3,7 per cento, le presenze sarebbero state oltre 366 milioni con un incremento del 4,5 per cento. Il condizionale è d’obbligo perché tutti nell’ambiente sanno che le cifre fornite dall’Osservatorio nazionale del turismo in capo a Enit non sono Vangelo, anzi. L’Enit avrebbe dovuto rifondarlo l’Osservatorio, tra i compiti indicati a Bastianelli e agli altri consiglieri dal ministro Dario Franceschini c’era anche questo, ma l’Osservatorio non è stato toccato.

Tra lo stupore generale di recente l’Enit ha dato forfait perfino a uno degli appuntamenti ritenuti d’obbligo tra gli operatori turistici: il convegno mondiale sulle convention organizzate dalle imprese, che è uno dei business più vivaci e ricchi del settore. Il convegno si è tenuto all’Hilton a Roma, a pochi chilometri di distanza dalla sede Enit che è a due passi dalla stazione Termini. Ma nessuno dell’ente si è fatto vivo. Oltre alla meraviglia ha poi suscitato sconcerto l’esito dell’accordo tra lo stesso Enit e Alitrip, società della cinese Alibaba, che con Amazon è la più grande piattaforma mondiale per l’e-commerce. “Così promuoviamo le bellezze del nostro Paese nel mondo”, aveva commentato fiducioso il ministro Franceschini. Per mesi Alitrip e Alibaba hanno aspettato che l’Enit preparasse i contenuti delle meraviglie dell’offerta italiana. Inutilmente.

Qualche giorno fa l’insofferenza verso le insufficienze e le lentezze dell’Ente del turismo è straripata e uno dei “vecchi saggi” del settore, Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Federterme ed esponente confindustriale ha scandito a Radio 24: “L’Enit è un ectoplasma”. Apriti cielo! La presidente dell’Ente, Evelina Christillin, ha protestato con mezzo mondo per quell’intervista considerata un agguato e qualche giorno dopo Radio 24 ha ospitato Fabio Lazzerini, consigliere Enit e manager navigato, soprattutto nelle aziende del trasporto aereo. Ma anche soggetto criticato per aver tenuto il piede in due staffe: l’Enit e le imprese private. Quando lo scelsero come consigliere Enit era country manager per l’Italia di Emirates e in un’interrogazione il deputato 5 Stelle Mattia Fantinati chiese se dall’Enit, che resta un ente pubblico alimentato da risorse pubbliche, avrebbe potuto “gestire con il necessario equilibrio i rapporti e gli accordi con compagnie aeree concorrenti di Emirates”. Lazzerini è rimasto al suo posto anche se ha dovuto rinunciare alla carica di direttore a cui era destinato e nel frattempo ha lasciato Emirates per approdare ad Alitalia dove è direttore commerciale. Il nodo della sua compatibilità rimane irrisolto anche se dall’Enit ripetono che non ci sono problemi perché Alitalia è una compagnia di bandiera forse ignorando che non è più vero da un pezzo e che è un’azienda privata sul mercato come tutte le altre.

Tre anni fa l’Enit che era un carrozzone fu sottoposta a una terapia d’urto che avrebbe dovuto portare aria nuova. C’è stata una ristrutturazione, 70 dei circa cento dipendenti se ne sono andati chi in pensione, chi in altri uffici pubblici, tutti i dirigenti italiani distaccati nelle 23 sedi estere sono stati richiamati. Ai nuovi manager il ministero ha fornito i mezzi necessari per avviare il nuovo corso che però non c’è stato. Fino al 2015 il ministero passava all’Ente del turismo circa 17 milioni di euro, 15 per pagare gli stipendi, le sedi e le bollette e 2 per la promozione vera e propria. Ora per la gestione i milioni sono sempre 15 nonostante il personale da pagare sia drasticamente diminuito, mentre per la promozione le risorse sono 10 volte maggiori: circa 20 milioni di euro. Ma il rilancio non c’è stato. La vecchia Enit veniva accusata di essere un “fierificio”, cioè di concentrare tutta la sua attività sulla presenza alle fiere turistiche che ancora forse un po’ servono, ma non come in passato. La nuova Enit avrebbe dovuto cambiare registro, fare scelte innovative e coraggiose, magari come quella del Portogallo dove hanno puntato tutto sulla digitalizzazione dell’offerta turistica. Nelle carte inviate a ilfattoquotidiano.it da Enit per illustrare la propria attività il punto forte restano proprio le fiere. Come prima, più di prima.

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