Laddove Nicola Zingaretti aveva tagliato, Matteo Renzi e i dirigenti del Pd Roma hanno provveduto a ripristinare. Con buona pace dell’ormai fuori moda concetto di “rottamazione”. La sofferta composizione delle candidature del Partito Democratico per i collegi di Roma e Lazio presentano alcune “sorprese” poco gradite all’ala meno garantista del partito. Tornano in corsa per il Parlamento, infatti, due ex consiglieri regionali del Lazio, Claudio Mancini e Bruno Astorre, fra i 14 rinviati a giudizio nell’inchiesta sui rimborsi e le spese di rappresentanza del gruppo alla Pisana fra il 2010 e il 2012 (quella che affondò l’allora Pdl e ha portato, negli anni, alla condanna in appello a Franco “Batman” Fiorito).

MANCINI E ASTORRE TORNANO IN CAMPO
Mancini risulta blindatissimo capolista nel plurinominale Lazio 2 (Frosinone-Latina) alla Camera, mentre Astorre, senatore uscente, abbastanza tranquillo come numero 1 al plurinominale Lazio 2 a Palazzo Madama (Collatino-Viterbo-Guidonia). Entrambi, il 28 settembre scorso sono stati rinviati a giudizio dal gup del Tribunale di Roma con l’accusa di abuso d’ufficio. In particolare Mancini, uomo di fiducia del presidente Dem Matteo Orfini, è il consigliere dell’ex gruppo regionale accusato di aver speso di più, ben 188mila euro.  Tutti gli ex consiglieri, secondo i pm, avevano assunto con contratti di collaborazione persone di fiducia, pagandole con i soldi del gruppo consiliare Pd, invece di stipendiarli personalmente in virtù dei contributi disposti per ogni consigliere. Non solo. Secondo i pm tali collaborazioni, “prive della natura altamente qualificata richiesta”, sono state disposte illecitamente, “perché non si è proceduto ad alcuna selezione comparativa dei candidati”. Fra di loro anche l’attuale sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, in pole position per la ricandidatura nel comune aeroportuale. Fu Zingaretti, al momento di candidarsi alle elezioni regionali (poi vinte) del 2013, a mettere come condizione l’esclusione dei consiglieri, allora solamente indagati. A distanza di 5 anni e grazie alla manovra messa in piedi dai dirigenti (renziani) del Pd romano, sia Mancini che Astorre, a meno di grossi sconvolgimenti rispetto al risultato elettorale atteso, saranno in Parlamento nella prossima legislatura.

CONFERMATA CAMPANA, FUORI MARRONI
La vicenda degli ex consiglieri alla sbarra non è l’unico motivo di tensione nel Pd capitolino. Figura in lista, in ottima posizione (plurinominale Camera, posto 3), anche Micaela Campana, ex moglie di Daniele Ozzimo – l’ex assessore di Ignazio Marino condannato a 2 anni e 2 mesi nell’inchiesta sul Mondo di Mezzo – e finita (non indagata) nelle carte di “Mafia capitale” per l’sms a Salvatore Buzzi in cui scriveva: “Bacio grande capo”. E anche per la sua testimonianza in aula con i 39 “non ricordo” che le sono costati la trasmissione degli atti da parte del giudice alla procura per l’ipotesi di falsa testimonianza. Nessuna riconferma, invece, per il suo capo corrente, Umberto Marroni, penalizzato come tutta la corrente legata a Michele Emiliano.

GIACHETTI SI RIMETTE IN GIOCO… IN TOSCANA
Torna a far discutere il caso di Roberto Giachetti. Nella giornata di giovedì, il vicepresidente della Camera – ed ex candidato sindaco di Roma nel 2016 – aveva annunciato, con una lunga lettera a Renzi pubblicata su Facebook, di voler “rinunciare a qualsiasi paracadute”, candidandosi in un collegio periferico della Capitale. Una risposta, probabilmente, alle critiche sull’ennesima deroga ottenuta dopo i 17 anni trascorsi in Parlamento e il doppio incarico in Assemblea Capitolina. Solo nella mattinata di sabato, si è scoperto che non solo l’ex radicale non è in lista a Roma e nel Lazio, ma che è stato candidato sì in un collegio uninominale, ma nel rossissimo Sesto Fiorentino (in Toscana), uno dei pochi sicuri per il Pd. Tutto ciò, attirandosi ancora di più le critiche dei colleghi romani. Fra l’altro, voci insistenti provenienti dal gruppo Dem in Campidoglio vogliono sia Giachetti che Michela Di Biase – candidata in Regione Lazio – intenzionati a non lasciare lo scranno in aula Giulio Cesare in caso di elezione, a meno di ottenere ruoli ministeriali o assessorili particolarmente gravosi.

PROMOSSO NOBILI, MADIA OVUNQUE
Da segnalare, infine, la triplice presenza nelle liste romane di Marianna Madia per i collegi alla Camera, quella solo simbolica di Maria Elena Boschi, che opterà per l’Alto Adige in favore di Roberto Morassut. Prevista da tempo, ancora, la blindatura del turborenziano Luciano Nobili – padre della sfiducia notarile a Ignazio Marino e della candidatura a sindaco di Giachetti – e, ovviamente, quella di Orfini. Paolo Gentiloni proverà a portare voti in centro storico, pur godendo del “paracadute” nelle Marche.

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