Circa 30 miliardi annui, a regime, dalla spending review in senso stretto. Compreso “1 miliardo di tagli ai costi della politica“. Quaranta miliardi l’anno dal taglio delle agevolazioni fiscali (tax expenditure) che si possono “ripensare e spostare da obiettivi dannosi o improduttivi verso finalità ad alto moltiplicatore”. Infine, una “riflessione” su 10-15 miliardi di maggiore deficit annuo. Rimanendo comunque “sotto il vetusto e stupido parametro del 3%“, il tetto fissato dai trattati europei. Sono le coperture con cui il Movimento 5 Stelle propone di finanziare il proprio programma in 20 punti per la qualità della vita degli italiani presentato domenica scorsa a Pescara. Programma i cui “punti salienti” valgono però “una spesa annua intorno ai 75 miliardi” anche ammettendo che il superamento della riforma Fornero costi solo 11 miliardi annui come ipotizzato del post pubblicato venerdì mattina su Il blog delle stelle.

“I soldi ci sono, eccome, in un bilancio da 800 miliardi. Basta avere lungimiranza e le mani libere da condizionamenti di lobby e gruppi di interesse”, è la premessa. I proventi attesi dalla revisione della spesa si sono ridotti di 20 miliardi rispetto ai 50 annunciati dal candidato premier Luigi Di Maio una settimana fa, citando il piano dell’ex commissario Carlo Cottarelli. Il quale ha però ricordato che i dossier curati dalla sua squadra prevedevano in totale una spending da circa 32 miliardi. L’M5S comunque ritiene di avere già in tasca “70 miliardi di coperture annue a regime derivanti da tagli agli sprechi, più una quota di maggiore deficit da decidere (anche in base al ciclo economico)”. Con l’obiettivo, già dichiarato, di “ridurre del 40% il debito/Pil in 10 anni”.

Quanto alla riforma delle pensioni, il post chiarisce che l’obiettivo non è consentire a tutti di andare a riposo dopo 41 anni di lavoro. Questo sarà garantito solo ai lavoratori precoci. Per gli altri è prevista “una certa flessibilità in uscita intorno a quota 100” come somma tra anni di contribuzione e età anagrafica. Vanno poi mantenute l’opzione donna e la staffetta generazionale, “elementi centrali del pacchetto che costa 7,5-8 miliardi annui“. A cui “si aggiungono 3 miliardi annui per il blocco graduale dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita”. Il Movimento 5 Stelle vuole coprirli, a regime, “per 4 miliardi con la spending review e per circa 6,5 miliardi con le tax expenditures sul settore lavoro (disponibili fino a 10 miliardi annui)”, oltre a “utilizzare pure le risorse legate a mancette poco influenti come l’ape social, che viene inglobata”.

In un’intervista al Sole 24 Ore, Di Maio fornisce poi dettagli sulla revisione delle aliquote Irpef studiata dal Movimento: dai tre nuovi scaglioni al posto dei cinque attuali – rispettivamente al 23% da 10mila a 28mila euro di reddito, 37% da 28mila a 100mila e 42% sopra questa soglia, con una no tax area che sale da 8.174 a 10mila euro – deriverebbe secondo il candidato premier “un taglio Irpef di 1.800 euro medi annui”. Alle imprese vengono promessi il dimezzamento dell’Irap e semplificazioni per “un risparmio medio di 7.500 euro annui”. La riforma “costerebbe oltre 13 miliardi“, si legge sul blog, “ma in essa inglobiamo gli 80 euro e ne utilizziamo le coperture: rifiutiamo infatti la logica del bonus del tutto regressivo (senza quoziente familiare e per giunta “flat”, nel senso che è uguale per tutte le categorie di reddito che lo percepiscono) e preferiamo una riforma organica”. I restanti 4 miliardi verrebbero compensati con le tax expenditures.

Parlando con il quotidiano di Confindustria, Di Maio ha parlato anche dell’Ilva: “Va garantito il diritto alla salute. Servono bonifiche immediate, alle quali lavoreranno gli operai adeguatamente formati. Un miliardo investito nelle bonifiche genera fino a 13mila posti. Dopodiché, in quel sito nascerà un centro di ricerche e sperimentazione di tecnologie green. Taranto deve puntare su turismo e innovazione”.

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