E’ una storia italiana, cantava la Banda Bassotti: “Dalla pensione alla scuola/ O in tema di sanità/ Arriva il ladro che non si nasconde mai/ Il sogno realizzerà/ Di certo non quelli tuoi/ Li tiene tutti nella casa delle Libertà/ Non è un politico ma/ Un commerciante perciò”. E via sino a “Mondo Sofferenza”, il mobilificio dove dall’inizio alla fine sei in concorrenza con chi sta di fianco a te, per un salario che ti permette di sopravvivere.

Il lavoro è al centro di queste prime settimane del 2018, ed ha preso lo slancio alla fine del 2017. Le lavoratrici ed i lavoratori di Amazon che incrociano le braccia e scioperano. Gli operai di Castelfrigo che passano natale e capodanno all’addiaccio.

C’è poi la campagna elettorale. Tutti parlano e promettono pensioni più alte, abolizione delle leggi che hanno votato per anni, il cambio di politiche economiche che hanno sostenuto in convegni ed in parlamento per decenni. “Ma ti potzu tocai?” si direbbe in sardo (ma ti posso toccare?). Sono molto divertenti, ma non crederemo loro.

C’è poi una storia sarda. C’è un mare di soldi pubblici, distribuiti da decenni, per dare servizi essenziali nel settore della sanità. Per la precisione, l’assistenza medica, psicologica e sociale ad anziani e sofferenti mentali, autosufficienti e non. Questo enorme settore in Sardegna è gestito da una associazione (sì, ho scritto bene, una associazione): Aias, Associazione Italiana Assistenza Spastici.

Sul sito scopriamo che le sedi in Sardegna sarebbero 43, con circa 1.240 dipendenti. Per la Sardegna un colosso. In effetti qualunque sardo ha avuto a che fare con loro, ha un conoscente od un parente che ne conosce direttamente, o quasi, i servizi e le sedi.

Succede che da quando si ha memoria l’Aias ha problemi. Problemi che attengono le condizioni di lavoro ed i livelli di assistenza. Gli stipendi non vengono pagati regolarmente, si accumulano i ritardi. Si ricevono acconti. Sino ad un ritardo di 8 mesi negli ultimi anni. 8 mesi. Scoppia la protesta. Sit-in, manifestazioni, comunicati stampa, incontri con la politica e con l’assessore. Non cambia nulla.

C’è un lavoratore, Michele Serra, che nel 2017 insieme ad altri alza la testa, e c’è il suo sindacato (FP-CGIL) che lo sostiene. Comincia uno sciopero della fame, anche per costringere i suoi colleghi a reagire. Per tutta risposta, l’azienda gli addebita i costi delle analisi del sangue che gli fa fare per capire se lo sciopero della fame lo abbia debilitato.

Venerdì 19 gennaio, mesi dopo, Michele Serra è stato licenziato. E’ il quarto sindacalista licenziato dall’Aias. Il presidente della regione Francesco Pigliaru, intervistato sul tema, non ha risposto ed ha fatto finta di non sapere (non dell’ultimo licenziamento, anche degli altri tre). Che legami ci sono? Perché si sta zitti? Perché la politica sa tutto e non agisce? Michele non deve avere solamente la solidarietà dell’opinione pubblica. Michele deve essere parte di un movimento, che comprende e va oltre la Cgil, per la dignità dei lavoratori e delle persone.

La politica, se non è connivente, agisca ora. Il commissariamento dell’azienda che vive soltanto di denaro pubblico, per affrontare la questione legale per tutti i diritti negati e farne una causa simbolo dei comportamenti antisociali che ci mette fuori standard in Europa e fra i primi nel mondo per depauperamento della cosa pubblica, è una utopia? O rimaniamo a guardare per altri dieci anni? Quali altre soluzioni avete? Tiratele fuori, altrimenti siete inutili.

E’ una storia sarda, il finale di una storia italiana l’adotterei ugualmente: “Mi piacerebbe svegliarmi/ E non vederli mai più/ Lo sfruttamento un ricordo/ Di un tempo che fu/ Guardarmi intorno e vedere/ Gente senza catene/ Niente razze speciali/ O civiltà superiori/ I ricchi a lavorà I poveri a governà/  […] E non sentirsi colpevoli di fare l’amore”.

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