Ogni giorno che ci avvicina al voto conferma come il Rosatellum-bis celebrato dai sostenitori come la perfetta mediazione tra proporzionale e maggioritario che ci evitava di votare con il deprecato e monco Consultellum sia qualcosa di ancora peggiore della pericolosissima roulette russa di cui aveva parlato allora Michele Ainis. A sostenerlo oggi è lo stesso costituzionalista che con parole nettissime l’ha definita “perfida, astuta, ingannevole verso gli elettori” più di quanto fosse il famigerato Porcellum “quantomeno un mascalzone dichiarato”. E il perché, denunciato a caldo dai soliti “signor no” o “sfasciatori” isolati e derisi dalla solita ammucchiata partitico-mediatica si sta solidamente evidenziando nella machiavellica composizione delle liste, ovvero gli agognati listini bloccati “un’assicurazione sulla poltrona” (la definizione è sempre del costituzionalista Ainis) che non tradisce mai il candidato-nominato, ma solo l’elettore.

Un esempio appropriato potrebbe essere il caso, rebus o pratica difficile da licenziare, le definizioni si sprecano, per “una big non troppo popolare” come Maria Elena Boschi: certa la candidatura con paracadute nel proporzionale benché ardua la localizzazione territoriale a causa delle resistenze dei collegi individuati, al momento in Trentino, Campania, Calabria; altamente sconsigliabile ed improbabile la cosiddetta “sfida” in un collegio uninominale in Toscana, ed eventualmente il più possibile lontano da Arezzo.

Infatti anche se il Rosatellum ha ampiamente vanificato i tanto magnificati “faccia a faccia” nello stesso collegio, rilanciati come una sfida a singolar tenzone anche da Matteo Renzi, perché il più votato vince nell’uninominale ed il perdente approda felicemente al listino proporzionale (con cui si assegnano i 2/3 dei seggi), è consigliabile la prudenza se il tasso di impopolarità è eccezionale e la legge sembra confezionata su misura. L’altro “aiutino” per usare un assoluto eufemismo è la generosità con cui il Rosatellum, approfittando senza pudore del varco lasciato aperto dalla Consulta quando si è pronunciata sull’Italicum, ha incoraggiato le pluricandidature che possono essere ben 5 oltre a quella di collegio.

Il combinato disposto degli eletti decisi unilateralmente dai partiti, non a caso accanitamente schierati contro il M5S, che dopo essere sceso in piazza contro il Rosatellum ha fatto le parlamentarie più o meno criticabili, non esaurisce gli obbrobri del Rosatellum. Ci sono, e si manifestano sempre più concretamente nel corso della campagna elettorale una serie di effetti deteriori come le sparate senza freno, la litigiosità interna alle coalizioni, la gara delle promesse mirabolanti, il vuoto pneumatico dei programmi su temi fondamentali contro cui tutti tuonano o fingono di indignarsi senza ricollegarli alle cause tra cui, oltre alla “levatura” di molti protagonisti, va inclusa la legge elettorale.

Le coalizioni posticce senza un programma condiviso e una leadership riconosciuta, favorite all’unico scopo di svantaggiare in modo consistente chi si presenta da solo e secondo i sondaggi è sempre il primo partito, con il “curioso” corollario per cui se un piccolo partito coalizzato non supera il 3% a beneficiarne in termini di seggi è la formazione maggiore, quale tipo di campagna elettorale avrebbe dovuto incoraggiare?

Tra le molte cose intelligenti e totalmente condivisibili che Milena Gabanelli ha detto ad 8 e mezzo nel modo diretto e lineare a cui ci ha abituato, oltre alla elementare verità, quasi eretica di questi tempi, sui “politici e giornalisti che hanno sempre detto balle“,  c’è un’osservazione molto puntuale a proposito del Rosatellum. Dopo la critica sulla non chiarezza “se qualcuno l’ha capita la spieghi anche a me” ha aggiunto, cito a memoria, si può partire anche di lì per prendere delle decisioni in merito al voto.

Appunto: ricordarsi bene chi è l’autore, chi l’ha voluta ed imposta con la fiducia, con quale finalità, che effetti ha prodotto finora e quali produrrà dopo il 4 marzo.

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