Fascismo e antifascismo, ancora? Così pare abbia reagito l’attuale sindaco di Genova di fronte alla comparsa di gruppi neofascisti in una città antifascista. Reazione comune, del resto. Più aumenta la distanza, più le differenze sfumano; già oggi i più hanno dimenticato le differenze fra terrorismo rosso e nero: provate a chiedere chi metteva le bombe sui treni. Verrà il giorno in cui un’ecumenica condanna del “totalitarismo” seppellirà tutto. Già oggi qualcuno si stupisce che la Costituzione repubblicana vieti la ricostituzione del partito fascista e, se è per questo, anche le discriminazioni basate sulla razza: concetto già oggi incomprensibile ad almeno un candidato alla presidenza della Regione Lombardia.

Un po’ è anche colpa nostra: di noi insegnanti e operatori della comunicazione, voglio dire. Ci siamo spesso fatti coraggio con l’idea che il passato sia irripetibile: e non è vero, torna sotto altre forme, pensate solo all’ideologia fascista delle Grandi Opere. Non abbiamo riflettuto abbastanza sul fatto che fascismo, nazismo e comunismo erano macchine per produrre consenso infinitamente più efficienti delle democrazie odierne. Ci siamo cullati nel pregiudizio che italiani, tedeschi, russi fossero troppo immaturi o incivili per non farsi incantare dal primo imbonitore di turno. E forse crediamo ancora che i vari Erdogan, Putin, Trump siano diversi: come se Hitler non fosse stato eletto più democraticamente di molti di loro.

In realtà, l’unica ragione che rende davvero impossibile il ritorno al fascismo è la memoria. Sinché dura il ricordo della Shoah, dell’Olocausto, della deportazione di settecentomila soldati italiani, saremo immunizzati. Un momento dopo, non più. Ma la memoria di milioni di persone un tempo disinformate dalla scuola, in seguito dalla televisione, infine da internet, è fragile. Se Mussolini avesse avuto la tv avrebbe governato per altri vent’anni, anche mummificato come Berlusconi. Hitler, oggi, spopolerebbe su Facebook: benché ‘spopolare’, qui, suoni un tantino sinistro. E non parliamo dei baffoni di Stalin: bucherebbero il video.

Fascismo e antifascismo, insomma, sono diventati problemi di comunicazione: e scusate se è poco. Ma al di là di tutto questo, resta il dovere della memoria, senza occultare la differenza fra carnefici e vittime. Dopotutto, gli umani hanno cominciato a distinguersi dagli animali quando hanno iniziato a onorare i morti e a scrivere storie. Oggi che gli ultimi testimoni stanno scomparendo abbiamo il dovere di prendere il loro posto. Così anche quest’anno, nel cuore della Settimana della Memoria, l’Università di Trieste organizza “Convivere con Auschwitz”, quinta edizione, al teatro Miela, dalle ore 14 del 25 gennaio. Il Convegno sarà aperto da un saluto di Liliana Segre, appena nominata Senatrice a vita dal Presidente della Repubblica. Fateci un salto, se passate di lì.

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