L’Italia a un passo dalla Corte di Giustizia per l’inquinamento atmosferico. Il prossimo 30 gennaio il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, insieme ai colleghi di altri otto stati dell’Unione Europea, è stato convocato a Bruxelles dal Commissario europeo per l’ambiente Karmenu Vella, per un aggiornamento sulle misure pianificate dal nostro Paese per adeguarsi ai parametri normativi dell’Ue in materia di qualità dell’aria. Un ultimatum? Secondo quanto fonti del ministero hanno dichiarato all’AdnKronos “si tratta di un invito rivolto ai maggiori Paesi dell’Ue a confrontarsi su una problematica fortemente sentita da tutti, per discutere insieme le misure da affrontare”. Di fatto, però, a questo incontro l’Italia va, portando tutte le sue colpe e un’emergenza smog, che ormai non può più nemmeno definirsi emergenza, soprattutto in alcune aree del Paese.

Tra l’altro l’Italia è sottoposta a due procedure di infrazione da parte della Commissione Ue. Il prossimo passo sarà il deferimento dei due casi alla Corte di Giustizia Europea. Secondo Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace, “se il ministro Galletti dovesse presentarsi a Bruxelles, il nostro Paese si renderà certamente protagonista di un confronto imbarazzante” in quanto il governo italiano “è apparso in questi anni del tutto inoperoso sul fronte dell’inquinamento atmosferico”. Per Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria, “questa convocazione è un motivo in più per far diventare il diritto a respirare aria pulita una priorità della campagna elettorale in corso”.

LA LETTERA DEL COMMISSARIO EUROPEO – Insieme all’Italia, sono stati convocati dal Commissario europeo per l’ambiente anche Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. Un incontro dal quale Vella si attende di conoscere “come e in che tempi si vuole raggiungere il rispetto” delle principali direttive europee in materia di qualità dell’aria. Politico.com ha rivelato i dettagli della lettera inviata al ministro tedesco dell’Ambiente Barbara Hendricks. Vi si legge che se i governi nazionali non risponderanno per tempo “la Commissione procederà al passaggio successivo della procedura d’infrazione, ovvero al deferimento alla Corte” dell’Unione europea. Nella missiva si spiega anche che l’incontro del 30 gennaio è da considerarsi come “l’ultima opportunità per informare sulle misure adottate per porre rimedio alla situazione”.

LE PROCEDURE ITALIANE – E l’Italia non va all’appuntamento a cuor leggero, dato che – insieme alla Francia – è sotto accusa per i livelli di concentrazione di due distinti inquinanti atmosferici: il biossido di azoto (NO2), tipico delle emissioni dei motori diesel, e il particolato atmosferico (PM10). Il nostro Paese ha già ricevuto il parere ragionato relativo alla prima procedura il 15 febbraio e quello relativo alla seconda il 27 aprile 2017. Il prossimo passaggio è la Corte di Giustizia europea. Qualora gli sforamenti dovessero persistere, si rischia la condanna al pagamento di ingenti sanzioni pecuniarie. “La colpa sarà di una classe politica incapace di affrontare il problema con la giusta determinazione”, ha aggiunto Gerometta, secondo cui “gli elettori hanno bisogno di proposte concrete e coraggiose soprattutto in Lazio e Lombardia, dove devono essere rinnovate le giunte regionali e dove il problema dell’inquinamento atmosferico è molto forte”.

Bruxelles vuole sapere cosa è stato fatto. Per Greenpeace non abbastanza. “Si pensi all’assoluto nulla realizzato per il settore trasporti con i fondi disponibili per la realizzazione di una rete di ricarica per i veicoli elettrici che non sono neppure stati spesi” dichiara Boraschi. Che ricorda: “Oggi l’auto privata alimentata con i derivati del petrolio è ancora protagonista assoluta della mobilità italiana e il suo primato pesa in termini sanitari e di dipendenza energetica”. Questo mentre molti Paesi stanno investendo in mobilità sostenibile.

I PRIMATI NEGATIVI – L’Agenzia europea dell’Ambiente, in un rapporto dello scorso ottobre, dimostra i primati negativi del nostro Paese. Secondo l’Agenzia, in Europa si registrano annualmente 487.600 morti premature a causa dell’inquinamento atmosferico. In Italia l’esposizione a lungo termine al particolato, al biossido di azoto e all’ozono è direttamente legata a oltre 90mila morti premature l’anno. Con più di 1.300 decessi per milione di abitanti, il nostro Paese resta al di sopra della media europea (circa 820 per milione di abitanti). L’Agenzia europea dell’Ambiente calcola inoltre che in Europa, ogni anno, circa 75mila morti premature sono causate dal solo biossido di azoto. All’Italia, in questa triste classifica, spetta il primato assoluto, con circa 17.300 casi di morte prematura.

A livello europeo, l’avvocato Ugo Taddei di ClientEarth, accoglie con favore l’impegno del commissario Vella e ricorda che i livelli di inquinamento atmosferico sono fuori legge da anni e, nemmeno dopo i pareri ragionati inviati lo scorso anno dalla Commissione, ci sono stati cambiamenti seri e sostanziali. “In Italia – ha spiegato – i livelli di inquinamento sono tra i più alti in Europa, ma le misure proposte sono tra le meno ambiziose”.

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