di Francesco D’Alfonso

Alla soglia delle prossime elezioni politiche, il problema della corretta informazione proveniente da TV e giornali diventa sempre più stringente. Già normalmente i mezzi di comunicazione orientano, senza che ce ne accorgiamo, gran parte delle nostre scelte, di acquisto, di comportamento, ecc. Ciò, naturalmente, assume ancora più rilievo quando ad essere comunicato è un messaggio politico. La situazione diviene, poi, addirittura drammatica se, come avviene nel nostro Paese, una buona parte del sistema informativo è, nei fatti, nelle mani, direttamente o indirettamente, del potere politico. Non essendo, poi, molto spesso trasparente il “filo” che lega quest’ultimo ai vari mezzi di comunicazione, diventa molto difficile per l’utente capire se il giornalista è in buona fede o meno.

Basta poco, del resto, per condizionare la nostra volontà di semplici utenti dell’informazione: una risata del giornalista o del presentatore, un’inquadratura volta a cogliere elementi occasionali che possano mettere in cattiva luce una persona e non un’altra, un “titolone” di un giornale su una persona o su un avvenimento, alla base del quale magari c’è davvero poco di sostanza. In un contesto “normale”, il giornalista dovrebbe essere colui che ci aiuta a capire le cose, che ci dà, cioè, la chiave di volta per interpretare un fenomeno, per comprendere un avvenimento, non certo colui che, in modo poco visibile ma “subdolo”, cerca di indirizzare il nostro pensiero verso una direzione desiderata (da lui).

Pertanto, poiché una buona parte dei mezzi di comunicazione presenti nel nostro Paese non sono, purtroppo, veramente “liberi”, l’unica soluzione non può che essere quella di cercare nel messaggio che ci viene trasmesso soltanto i fatti realmente accaduti e/o le parole realmente dette. Fidiamoci, dunque, principalmente di chi ci riporta soltanto i fatti poiché quest’ultimo non ha intenzione di condizionare il nostro pensiero, la nostra opinione, ma è interessato esclusivamente ad informarci (in linea teorica, dovrebbero essere così tutti i giornalisti…). Diffidiamo, invece, di chi più che a comunicarci una informazione è interessato soltanto ad orientare il nostro pensiero, partendo da quella informazione. Cerchiamo, cioè, semplicemente di avere innanzitutto noi cognizione dei fatti accaduti. L’opinione su questi ultimi ce la faremo, poi, noi stessi, in base alle nostre conoscenze, alle nostre esperienze, al nostro modo di pensare.

Non dimentichiamo mai, specie in un momento di elezioni politiche, che il futuro della società è nostro e dei nostri figli, non certo dei politici che andiamo a votare (anche se sembra, invece, vero esattamente il contrario). Alla fine, potremmo anche sbagliare, ma almeno l’avremo fatto noi

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