Stanno facendo discutere sui social (e non solo) le dichiarazioni di Andrea Scanzi che ieri, a Tagadà, ha fornito una ricostruzione sul no del Movimento 5 stelle alle unioni civili, perché mancanti delle stepchild adoption. Ricostruzione che nel migliore dei casi viene bollata come fantasiosa. Credo che occorra far chiarezza in merito: per amore della verità, visto che quel no ha pesato sulla vita di molte persone e dei loro figli, e visto che la ferita prodotta sanguina ancora.

Premessa: non sono tra chi ha demonizzato i grillini per il semplice fatto di esistere, atteggiamento che mi è costato, da parte del binarismo renziano, l’accusa di essere organico al partito di Grillo e più di un insulto: “Scrivi sul Fatto, organo del M5S, ergo sei servo e coglione” è la sintesi di quel pensiero lì.

Ciò mi permette di criticare quel soggetto politico per le azioni che esso ha prodotto, senza mistificazioni e senza indulgenze di comodo. E ricordo che ho definito i pentastellati “figli di un clic minore proprio per quello che hanno fatto sulle stepchild adoption.

Sgomberato il campo da ambiguità di sorta, è necessario ricostruire il balletto sulle unioni civili per come è stato condotto. Il 22 gennaio 2016 il dibattito sulle unioni civili non era ancora iniziato in Senato e Renzi dichiarava: “Io credo che sia un tema molto delicato, dobbiamo avere un principio di riferimento (…): l’interesse del bambino”. Aggiungendo: “Ciò che importa è il diritto del bambino a crescere nell’ambiente considerato più giusto”, sperando nel miglior esito possibile in Parlamento. “Se non troveremo punti di equilibrio vedremo il Parlamento cosa penserà con la libertà di coscienza“. Fu quello il primo “via libera” ai cattodem, che si sentirono autorizzati a continuare a remare contro.

A distanza di qualche settimana – siamo all’8 febbraio, in piena discussione – sul blog di Grillo appariva un post in cui si ribadiva il sì alle unioni civili, ma con un Ma che pesava come un macigno: “Con una votazione sul Blog del 28 ottobre 2014 gli iscritti al MoVimento 5 Stelle hanno espresso la loro posizione favorevole sulle unioni civili. Il quesito non conteneva però espliciti e diretti riferimenti alla stepchild adoption” che, a sentire la dirigenza pentastellata, poneva questioni di coscienza non secondarie. Quindi “in via del tutto straordinaria – si scrisse – e “a fronte di un tema etico che chiama in gioco anche i diritti di bambini, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, in qualità di Garanti del Movimento, si sono assunti la responsabilità di rinunciare a un’ulteriore votazione sul blog e di lasciare ai portavoce la libertà di decidere sulla stepchild adoption secondo coscienza”.

I numeri risicati al Senato e le migliaia di emendamenti prodotti anche dalle opposizioni per far saltare la legge, portarono la maggioranza a pensare al “Canguro”, ovvero l’accorpare in un unico voto tutti gli emendamenti simili tra loro. Una misura prevista dai regolamenti parlamentari per superare l’ostruzionismo e, quindi, perfettamente lecita nella logica democratica del nostro Paese. Il M5S dichiarò in un primo momento di garantire il suo sì al voto, salvo poi ritirarsi all’ultimo davanti al “supercanguro”.

Una scelta fatta per non scontentare l’elettorato destrorso del MoVimento, ma che lo ha collocato irrimediabilmente tra i partiti di cui diffidare in relazione alle politiche Lgbt. Una scelta che possiamo definire, senza problema alcuno, come omofobica. In questo contesto si ricordino, ancora, le dichiarazioni di Di Maio sulle adozioni, da dare in pasto agli umori del popolo tramite referendum.

Il resto è storia, anche abbastanza triste: la legge viene riscritta, si va alla fiducia, si tolgono le stepchild adoption e le frange antigay del parlamento vincono la loro battaglia, pur dovendo cedere sul resto. Una legge ulteriormente umiliata per compiacere gli omofobi e ottenerne i voti, pur concedendo il minimo sindacale dei diritti alle coppie dello stesso sesso. Un esito di cui anche il M5S è stato artefice indiretto e protagonista di primo piano. Se il M5S si fosse assunto la responsabilità politica di votare il canguro, gli omofobi dentro e fuori la maggioranza di governo avrebbero perso e oggi racconteremmo un’altra storia, migliore e più inclusiva. Ogni altra ricostruzione è contraria alla realtà dei fatti.

Sarebbe il caso che Scanzi lo ricordasse. E che lo ricordassero, in questa campagna elettorale, anche coloro che oggi rivendicano quella legge come un atto di civiltà. Un atto che è passato sulla nostra carne e su quella dei nostri bambini e bambine. Utilizzarlo in modo strumentale per portare voti al partito che più ci piace è qualcosa di cui non si sente la necessità.

Su questo tema Andrea Scanzi ha già replicato sulla sua pagina Facebook con un post rivolto a Monica Cirinnà

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