Nel corso della sua carriera Steven Spielberg è sempre stato attratto dai momenti che segnano profonde trasformazioni storiche, dall’Impero del sole e Shindler’s List, passando per Munich e Lincoln fino ad arrivare al Ponte delle spie. Con The Post, concentra la per la prima volta la sua macchina da presa sull’America degli anni 70, gli stessi anni che lo affermarono come uno dei cineasti più talentuosi e blasonati di sempre.

E’ il 1971, Katharine Graham, interpretata da una sontuosa Meryl Streep, è la prima donna alla guida del Washington Post in una società dove il potere è di norma maschile; Ben Bradlee (Tom Hanks) è il duro e testardo direttore del suo giornale. La loro coraggiosa e delicata lotta contro le istituzioni per affermare la libertà di informazione e di stampa è il cuore pulsante del film, dove la scelta morale, l’etica professionale e la sopravvivenza personale si alternano e si fondono senza soluzione di continuità con una forza dirompente.

Spielberg trasforma la Storia in un thriller investigativo sull’importanza del giornalismo d’inchiesta e con un linguaggio cinematografico incalzante ed essenziale ci parla in realtà di una straordinaria storia di rapporti umani e di coraggio. È meraviglioso vedere con quale innata semplicità riesca a rendere dinamiche ed attuali anche vicende così apparentemente statiche e lontane nel tempo. La sua è un’autentica lezione di regia in cui si ha sempre l’impressione che l’inquadratura scelta sia l’unica possibile per cogliere l’anima dello storytelling.

Questa è forse la qualità che a distanza di anni continua ad impressionare più di qualsiasi altra: ogni scelta tecnica infatti, anche la più complessa, non è mai un virtuosismo autocelebrativo fine a se stesso, quanto l’esaltazione totale del racconto. Fa sembrare semplici e naturali trovate complicatissime e le combinazioni che imbastisce con la macchina da presa tra i personaggi e gli oggetti di scena sembrano le coreografie di una danza avvolgente, che grazie ad un montaggio minuzioso trovano ritmo e dinamismo perfetti. Soltanto un regista del suo calibro avrebbe potuto rendere così potenti ed affascinanti le immagini di una pressa che manda in stampa giornali cartacei. Quel concerto meraviglioso di dettagli che si incastrano alla perfezione producono una melodia audiovisiva che racchiude in sé l’essenza più profonda del cinema.

The Post rinnova ancora una volta il sodalizio tra Spielberg ed suo storico direttore della fotografia Janusz Kaminski, che veste il film con forme elegantissime e di grande classe. La grana pastosa della pellicola 35 millimetri infatti, il lavoro sulla luce, la concentrazione sui riflessi delle superfici e gli accostamenti cromatici rendono completo il disegno di un’epoca ed esaltano ogni più piccolo dettaglio di questa ricostruzione. Anche la struttura narrativa presenta una dualità di contrari che convivono in modo armonioso ed intelligentissimo. Grazie all’apporto intimo ed umano di Liz Hannah che si fonde a quello procedurale e prettamente tecnico di Josh Singer (Il caso Spotlight) è esemplare come il film riesca a collegare tanti tasselli giornalistici molto articolati e specifici ad una tensione emotiva che cresce sempre di più fino ad un esplosione quasi liberatoria. Un vero tuono di emozioni, che sulle note di John Williams lascia spazio ad attimi di commozione viva per l’umanità e l’importanza di un risultato tanto sofferto.

Sarebbe inutile ed ovvio continuare elogiando due mostri sacri del calibro di Meryl Streep e Tom Hanks, eppure era da tempo che anche loro non toccavano vette di recitazione così alte. Il loro non è un lavoro di apparenza, è quasi un duello di fioretto, sono due chirurghi alle prese con gli aspetti più sottili delle loro espressioni; hanno raggiunto una consapevolezza tale da rendere ogni cambio di intonazione ed ogni non detto pesanti come macigni. Vedere l’indomabile rudezza di lui amalgamarsi al fascino riluttante di lei è una gioia per gli occhi.

Sono tantissime le pellicole a sfondo giornalistico che si sono alternate nel corso del tempo, ma davvero poche possono vantare lo spessore di The Post. E’ un film che nonostante celebri un atto di eroismo non ha bisogno di gridare, perché sa lottare silenziosamente sotto traccia, affermando in modo perentorio la forza della donna attraverso la libertà di espressione e soprattutto del cinema. The Post è un cinema di cui si avrà sempre bisogno, ed è il grande cinema di Steven Spielberg.

La Repubblica tradita

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