Una gigantesca bolla speculativa ha aperto la strada a vere e proprie truffe che, perlomeno in Italia, vengono consumate su larga scala nel totale silenzio delle autorità di mercato. Due paroline magiche – Bitcoin e blockchain -, tanti titoli sensazionalistici sugli iperbolici quanto virtuali rialzi e ribassi delle criptovalute e una campagna pubblicitaria martellante (e scorrettissima) sul web e sui social: “Bitcoin – Ecco come gli investitori sono diventati milionari”; “Compra Bitcoin in Italia – investi a partire da soli €100”; “Investi sui Bitcoin, la valuta del futuro”. In breve tempo si è così creata dal nulla un’audience che, pur non avendo la minima idea di cosa sia il Bitcoin e di come funzioni, ha recepito il messaggio – sbagliato – che è possibile guadagnare moltissimo in poco tempo. E’ la solita storia del campo dei miracoli: tutti sappiamo come andrà a finire, ma per la legge dei grandi numeri purtroppo c’è sempre chi abbocca.

Così, sfruttando la bolla che si gonfia sempre più sui mercati – dove società pressoché decotte come Kodak basta che annuncino l’imminente lancio di una nuova criptovaluta perché arrivino a raddoppiare il loro valore in un solo giorno – i truffatori iniziano a pescare a strascico con le televendite. Sono scene stile The Wolf of Wall Street con il venditore di turno che al telefono non cerca di piazzare i Bitcoin (ormai carissimi), ma nuove e sconosciute criptovalute che hanno il doppio pregio di “costare poco” e di offrire “grandi opportunità di guadagno”.

Che i truffatori ci provino è del tutto naturale, che non si faccia nulla per fermarli lo è un po’ meno. Ma siamo in Italia e, nonostante gli ampi poteri, la Consob resta pur sempre la solita Consob, quella che ha permesso senza battere ciglio che agli italiani venisse venduto di tutto per decenni, salvo poi intervenire a frittata fatta. Per rendersi conto di quanto la tutela del risparmio stia a cuore all’Authority presieduta fino a dicembre da Giuseppe Vegas basta dare un’occhiata al suo sito istituzionale. In home page non c’è alcun avviso ai risparmiatori né alcuna segnalazione di attività fraudolente, così come del resto non c’è nulla sull’entrata in vigore della Mifid2, la direttiva sulla prestazione dei servizi finanziari che dà nuovi diritti e nuove tutele ai risparmiatori.

Della Mifid2 (e del nuovo prospetto informativo denominato Kid) non c’è alcuna evidenza nemmeno nella sezione denominata “Educazione Finanziaria”, mentre per scoprire che qualcuno sta cercando di vendere Bitcoin e altre criptovalute in Italia senza alcuna autorizzazione occorre fare alcuni clic e una ricerca nell’archivio. Sul Bitcoin e su ciò che gli ruota intorno la Consob al momento non sa che pesci pigliare e si candida ancora una volta a chiudere la stalla quando i buoi saranno già scappati perché – per usare le parole dell’ex presidente Vegas – a livello europeo il Financial Stability Board “non ha ancora deciso con chiarezza se si tratta di una valuta, e allora devono intervenire le autorità monetarie, o se è un prodotto finanziario, ma attualmente non viene classificato in questo modo perché non esiste un produttore unico: è uno scambio tra un soggetto e un altro”.

Nel dubbio dunque non si interviene e i truffatori hanno campo libero. Così proliferano siti Internet italiani gestiti da società cipriote che pubblicizzano i loro “servizi d’investimento” e offrono l’apertura di conti per il trading e televenditori molesti che chiamano a casa e sul cellulare da call center dislocati all’estero. Ma questa è solo una faccia della medaglia, quella più scopertamente truffaldina. L’incredibile bolla che si è gonfiata sul Bitcoin e le altre criptovalute ricorda molto ciò che era accaduto sui mercati azionari tra il 1999 e il 2000 con il fenomeno delle “dot-com”: qualunque cosa profumasse di Internet, fosse anche solo per il nome, vedeva raddoppiare, triplicare, decuplicare il suo valore in una corsa al rialzo folle e apparentemente senza fine. Oggi gli investitori si stanno comportando allo stesso modo: comprano a mani basse qualunque cosa sembri avere a che fare con le criptovalute e in molti sul mercato ne approfittano.

Prima di Kodak e del suo annuncio di voler creare una criptovaluta per difendere il copyright dei fotografi è stata la volta del produttore di sigari Rich Cigars, che a dicembre è schizzato del 2.000% in una sola seduta dopo aver cambiato nome in Intercontinental Technology e annunciato di voler entrare nel settore delle criptovalute. E lo stesso ha fatto Bioptix dopo aver rivisto il suo nome in Riot Blockchain e annunciato investimenti in una piattaforma di valute digitali canadesi. Di diverso rispetto ai truffatori da televendita è che si tratta di società quotate in Borsa, ma il gioco è altrettanto cinico e scoperto. In alcuni casi è intervenuta la Sec che, temendo una frode, ha sospeso in via cautelativa dalle contrattazioni The Crypto Company, le cui quotazioni sono cresciute del 2.700% in un solo mese e del 17.000% in tre mesi. Ma la febbre da Bitcoin ancora non si arresta: il miglior antidoto al contagio è la rilettura di Pinocchio e la consapevolezza che dare retta al gatto e alla volpe porta inevitabilmente alla perdita del proprio capitale.

Articolo Precedente

Termini Imerese, ora Roma dovrà ricomporre il puzzle che lei stessa ha creato. Ma mancano dei pezzi

next
Articolo Successivo

Criptovalute, “costano poco e il valore aumenta sempre”. Così il call center ha cercato di venderci la iota e il cardano

next