Tutti gli appelli sono caduti nel vuoto. L’unita di Pd e LeU tanto auspicata in Lombardia non ci sarà, anche se potrebbe arrivare sul nome dell’attuale presidente del Lazio, Nicola Zingaretti. Alle elezioni regionali del 4 marzo in Liberi e Uguali correrà con un proprio simbolo, come del resto molti esponenti ribadivano da qualche giorno. “Noi ci chiameremo “Liberi e uguali in Lombardia” questo è il simbolo che è stato deciso”, hanno comunicato i vertici lombardi del partito aprendo l’assemblea regionale. “Siamo dalla parte giusta, quando diremo fuori da qui che LeU presenta la sua proposta per le politiche e le regionali. Noi non diremo che andiamo da soli e non ci faremo dire che usciamo dal centrosinistra, perché il centrosinistra non esiste se non esiste la sinistra. Ci mettiamo la faccia. Vorremmo che Onorio Rosati fosse il volto di questa operazione. Non lesinerà un solo minuto per dedicarsi a questa operazione complicata” ha detto Francesco Laforgia, capogruppo alla Camera di Art1-Mdp ed esponente di Liberi e Uguali, durante l’assemblea a Cinisello Balsamo (Milano). Il partito, guidato dal presidente uscente del Senato Piero Grasso, non sosterrà il candidato del Pd Giorgio Gori.

Il candidato al Pirellone, dopo l’addio di Roberto Maroni, sarà Onorio Rosati, consigliere regionale di Mpd. La squadra, ha aggiunto, “ha bisogno di un volto e penso che per il suo impegno nella politica e nel sindacato e anche perché è una brava persona questa proposta può essere fatta da Onorio Rosati, che vorremo fosse il volto di questa operazione” in Lombardia. Rosati, 54 anni, è stato Segretario Generale della Camera del Lavoro di Milano. Nel febbraio del 2013 è stato eletto consigliere regionale con il Pd (che ha lasciato dopo le primarie che hanno portato Matteo Renzia al suo secondo manadato da segretario) ed membro della Commissione Attività produttive, della Commissione Territorio e Infrastrutture e della Commissione Speciale “Rapporti tra Lombardia, Confederazione Elvetica e Province Autonome”.  “Noi non ce l’abbiamo con nessuno. Gori è una persona rispettabile. Non abbiamo questioni di quella natura. Se qualcuno vuole fare una coalizione, deve avere una procedura democratica per selezionare i candidati. Non accetteremo mai la subalternità rispetto ad altre forze politiche – ha detto Rosati – Noi oggi decidiamo con chiarezza e in modo esplicito di prendere un’altra strada, in coerenza con i nostri valori e i nostri principi. Abbiamo fatto una discussione e abbiamo tratto le doverose conseguenze. Ci faremo conoscere e ascolteremo i cittadini”.

Poche ore prima della decisione ufficiale Gori, sindaco di Bergamo, aveva detto: “Faranno fatica a spiegarlo ai loro elettori che in larga misura fanno il tifo perchè invece ci sia un lavoro comune. Se la decisione sarà quella la rispetterò. Ringrazio tutti quelli che si sono spesi in questi giorni per favorire un’intesa, e poi noi andiamo dritti”. Laforgia aveva replicato: “Noi porteremo tutto il rispetto a Gori che si deve a un candidato di un’elezione democratica. Lui ha detto che spera che l’assemblea prenda la decisione giusta. Noi chiediamo che lui ci dia lo stesso rispetto che noi porteremo a lui. Non possiamo prescindere da questa. Ma c’è un dato politico in questa Regione: il centrosinistra unito perde da 23 anni. Veniamo da una lunga stagione di sconfitte elettoral. Penso – ha aggiunto – che il filo conduttore di quei 23 debba essere l’elemento su cui ragionare. Questo, secondo me, è accaduto innanzitutto perché abbiamo lasciato il campo libero alla destra e abbiamo avuto un atteggiamento di subalternità politica della destra”.

Un no netto a Gori, ma un possibile sì a Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio. “È stato mandato a Grasso di portare i punti programmatici a un confronto serrato con Zingaretti. Il dibattito è aperto e l’esito non è scontato”. LeU ha identificato una serie di paletti per appoggiare il governatore Pd dai rifiuti alla legge sulla rigenerazione urbana, da un azione più incisiva sulle crisi aziendali a un reddito minimo garantito per il reinserimento dei lavoratori espulsi dal ciclo produttivo e massicci investimenti sul diritto allo studio. E poi nella sanità meno budget per i privati, sblocco totale del turn over, stabilizzazione di tutti i precari, reinternalizzazione dei servizi, uso pubblico di Forlanini, S.M. Pieta e S.Giacomo. Infine nessuna lista con candidati composta da persone di destra.

Laura Boldrini intanto condiziona un’alleanza post voto con il Pd a un “cambiamento di rotta” e frena anche su una possibile intesa con i Cinque stelle. Ma sui rapporti a sinistra e sulle speranze di ritrovarsi dopo il 4 marzo, è lapidario Matteo Renzi: “Che andiamo divisi alle politiche è già una risposta”, dice. E già di primo mattino non si mostra affatto ottimista su un’intesa con gli ex compagni di partito: “Se c’è l’alleanza è un fatto positivo. Ma non sono in grado di influenzare un partito che notoriamente non mi ama. È il partito di Massimo D’Alema – dice con una stoccata agli avversari – e nessuno si stupirebbe se si scoprisse che è vero che D’Alema ha detto di volermi far fuori…”.

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