Il gruppo lattiero-caseario Lactalis, che controlla Parmalat e Galbani, è al centro delle polemiche in Francia per uno scandalo lato a latte in polvere contaminato. A dicembre l’azienda ha ritirato dalla vendita tonnellate di latte in polvere e altri prodotti per bebè dopo che 35 neonati si erano ammalati di salmonellosi. Tuttavia il prodotto incriminato, che proviene dallo stabilimento di Craon, nel nordovest della Francia, è rimasto sugli scaffali di molti supermercati continuando a essere regolarmente venduto nonostante l’allarme lanciato dalle autorità. Così anche alcuni gruppi della vendita al dettaglio sono finiti nel mirino per quella che le autorità transalpine definiscono “una grave disfunzione” nella filiera dei richiami. Le infezioni da salmonella possono essere mortali, in particolare nei bambini piccoli.

Carrefour ha ammesso di aver venduto 434 confezioni di latte per bambini prodotte da Lactalis a rischio contaminazione mentre anche Systeme-U altre 384. Non solo, già prima i colossi della grande distribuzione Leclerc e Auchan avevano dichiarato di aver venduto rispettivamente altri 984 e 52 prodotti che avrebbero dovuto essere ritirati. La catena di ipermercati Casino, che possiede anche i marchi Franprix e Geant, è stata l’ultima a farsi avanti, ammettendo di aver venduto un totale di 363 articoli che avrebbero dovuto essere tolti dagli scaffali.

Lactalis ha sospeso tutte le attività nel sito di Craon, dove si è verificata la contaminazione, e la procura francese ha aperto un’inchiesta. Il caso era emerso il 2 dicembre, quando la Direzione generale Sanità aveva lanciato l’allerta su alcuni casi di salmonellosi in neonati di otto regioni francesi ma, secondo il quotidiano francese Le Canard Enchainé, il gruppo ne era al corrente da agosto. A dicembre, Lactalis aveva dovuto bloccare la produzione dopo aver scoperto la presenza del batterio in un paio di marche di latte, Picot e Milumel.

Dal canto suo Lactalis, ha spiegato un portavoce in una conferenza stampa convocata dall’azienda,”rinnova le sue scuse ai genitori” che hanno comprato latte che potrebbe essere contaminato dalla salmonella e assicura di lavorare sempre  “in perfetta collaborazione” con lo Stato francese. Ma le associazioni dei consumatori si preparano alla battaglia e hanno già avviato una mega causa contro il gigante caseario. Tuttavia, i confini di questo scandalo potrebbero allargarsi ulteriormente: è emerso infatti, che i prodotti Lactalis incriminati sono stati esportati anche all’estero, in diversi Paesi al di fuori dell’Europa. Alcuni marchi della grande distribuzione, come Intermarché, hanno già annunciato di non voler più vendere alcun prodotto a marchio Lactalis.

Sul caso è intervenuto giovedì anche il presidente francese, Emmanuel Macron, nel corso della sua visita a Roma. “La sicurezza alimentare di tutti i cittadini, francesi ed europei, è una priorità che deve essere garantita ai maggiori livelli: non ci sarà alcuna tolleranza“, ha spiegato Macron, che non ha escluso possano essere presi provvedimenti sanzionatori. “Se dovranno essere prese delle misure, verranno prese”, ha aggiunto l’inquilino dell’Eliseo. “Leader industriali, intermediari e dettaglianti devono ora “gettare ogni possibile luce sulle carenze che hanno scoperto e assicurarci che nessuno dei prodotti in questione è ancora sul mercato o nei negozi” gli fa eco il ministro dell’Agricoltura francese, Stephane Travert, in una conferenza stampa. Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha promesso che l’unità antifrode del governo effettuerà 2.500 controlli supplementari la prossima settimana e ha chiesto di incontrare i vertici di Lactalis e delle catene della grande distribuzione.

La stabilimento Lactalis di Craon era già finito sotto accusa per casi di salmonella nel 2005. E secondo i primi accertamenti dell’Institut Pasteur il batterio riscontrato quest’anno tra i neonati malati è dello stesso tipo di quello scoperto dodici anni fa. Un dettaglio che lascia immaginare una mancata vigilanza del gruppo dopo il primo scandalo. Il Canard Enchainé ha scritto che i controlli sanitari dei veterinari non sarebbero stati conformi alla legge negli ultimi anni.

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