Gli amanti “killer” dell’ospedale di Saronno sono stati giudicati capaci di intendere e volere al momento dei fatti contestati. Leonardo Cazzaniga, in particolare, è affetto da disturbo narcisistico di personalità: un disturbo che tuttavia non ha compromesso la sua capacità di intendere e di volere. Questo è il risultato delle perizie effettuate su il medico anestetista e l’infermiera Laura Taroni dai professori Franco Martelli e Isabella Merzagora, nell’ambito dell’udienza preliminare che si sta svolgendo a Busto Arsizio. Si parla dell’inchiesta Angeli e Demoni: Cazzaniga, da solo, è accusato del decesso in corsia in ospedale a Saronno di nove pazienti e in concorso con l’infermiera, ex amante di ulteriori tre casi: di Maria Rita Clerici, Luciano Guerra e Massimo Guerra, rispettivamente, madre, suocero e marito di lei. Il medico e l’infermiera si trovano in carcere.

Secondo la perizia psichiatrica Cazzaniga era un uomo lucido, perfettamente consapevole di ciò che stava facendo. Cazzaniga ha raccontato di applicare il “protocollo” quale forma terapeutica palliativa per i casi di malati terminali perché non tollerava assistere alla sofferenza umana. Dopo l’applicazione del suo metodo – si legge nella perizia – si sentiva “sollevato, ero empatico perché sapevo di avergli evitato un’agonia”. Sollevato, dunque, fors’anche perché non più al cospetto della sofferenza. Quanto al codice penale – scrivono i periti – prima dice che non si poneva il problema, poi che non riteneva di violarlo, e poi ancora che era sbagliato e che lui avrebbe fatto comunque quello che ha fatto perché “io ho un codice deontologico”, evidentemente personale, come sempre personali sono le norme a cui ritiene di volersi adeguare. “Io consideravo il bene del paziente superiore”, ovvero, evidentemente, considerava bene del paziente quel che lui reputava tale. Usava i farmaci “perché non posso imporre le mani come Dio”. “Se fosse il caso – hanno spiegato i periti nel loro scritto – applicherebbe il protocollo pure a se stesso, così come lo ha applicato a tutti i suoi animali. Per inciso, deve averli amati molto perché cita la morte di un suo cane come un fatto che lo segnò particolarmente. Riferisce della sua pena nel vedere animali uccisi in autostrada o scene drammatiche in televisione con animali come vittime. Non pare in grado, dunque, di sopportare la contemplazione della sofferenza degli animali”. “Diceva di essere l’Angelo della Morte per scandalizzare e per lottare contro l’ipocrisia di una medicina che avrebbe perso la dimensione etica. E qui si scaglia contro l’accanimento terapeutico, si accalora dicendo: “Questa non è più medicina”. Cazzaniga ha raccontato agli psichiatri che “praticava l’ostentazione culturale anche nei verbali di pronto soccorso, dove utilizzava un italiano alto e desueto e talora il latino”. Nei colloqui con gli speciliasti cita Milton, Schopenhauer, Foucault ed Heidegger e, scrivono gli psichiatri, “ci tiene a spiegarci che lui è sempre stato affetto da melanconia, non da banale malinconia. Nel raccontare – annotano – fa riferimento al proprio narcisismo, termine su cui tornerà quasi con compiacimento e specificando: Sono narcisista con grandiosità dell’Io”. “A torto o a ragione ero considerato la persona più importante e carismatica del pronto soccorso. Io mi ritengo, se non il migliore, uno dei migliori medici. Sì il migliore per la vastità della mie competenze”.

Anche la Taroni, secondo la perizia, al momento dei fatti non era affetta da infermità tale da renderla totalmente o parzialmente incapace di intendere e di volere. Laura Taroni, secondo i periti, non presenta disturbi della serie psicotica, né disturbi dell’umore di rilievo e che non siano collegati alla oggettivamente difficile situazione che sta vivendo (in particolare la separazione dai figli, ma non solo), né disturbi di personalità di sorta. “L’incontro con il Cazzaniga – si legge nella perizia – ha verosimilmente facilitato o creato le condizioni perché quanto è accaduto si verificasse, senza che fra i due si possa individuare un incube e un succube”. “La signora è apparsa alla nostra osservazione – prosegue la perizia – quale persona decisa, volitiva, in grado di ben autodeterminarsi. Anche quanto ci racconta della relazione con il Cazzaniga, e in specifico della decisione presa da entrambi di somministrare farmaci al Guerra, non dimostra una supina accettazione di decisioni altrui. Per ripetere le sue parole, le teste erano due, ma il pensiero era comune. Il racconto, in ogni caso, sicuramente non assume né la forma né il contenuto tipico di un delirio”.

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