È stato domato l’incendio divampato mercoledì sera in un capannone industriale di 2mila metri quadrati nel pavese, lungo la provinciale 31 all’altezza del comune di Cortelona e Genzone.  Il sindaco Angelo Della Valle, ha spiegato che al momento “non ci sono più fiamme, ma continua ad esserci il fumo perché il materiale bruciato si trova nel capannone, pericolante, e quindi per ora non può essere rimosso”. La struttura, che risulta in disuso, è a rischio crollo. In mattinata il primo cittadino parteciperà a una nuova riunione del tavolo istituzionale per fare il punto della situazione sul rogo e in attesa dei dati dell’Arpa sull’eventuale presenza di inquinanti.

Nella notte Della Valle ha firmato un’ordinanza per invitare i cittadini a non uscire di casa e tenere chiuse porte e finestre. Sospesa anche la raccolta e il consumo dei prodotti ortofrutticoli coltivati ed è vietato il pascolo degli animali. L’obiettivo è ora “capire quali provvedimenti ulteriori intraprendere” dopo che per tutta la notte un’alta colonna di fumo nero ha avvolto buona parte della Bassa pavese. Intanto sul rogo è stata aperta un’indagine.

Ieri sera cento persone erano state evacuate, a scopo precauzionale, da Cascina San Giuseppe, una frazione del comune di Inverno e Monteleone. Proprio a Cascina San Giuseppe l’Arpa ha posizionato il campionatore ad alto volume per il monitoraggio degli inquinanti, che consente di rilevare l’eventuale presenza di diossine e ipa (idrocarburi policiclici aromatici), potenzialmente cancerogeni. Nell’incendio sono infatti bruciati plastica, pneumatici e e altri materiali di scarto. Non sono ancora stati trovati i documenti di legge relativi al capannone e al suo contenuto e i classamenti per gli eventuali rischi o un piano per eventuali incidenti rilevanti. Il sindaco di Corteolona e Genzone, Angelo Della Valle, e quello di Inverno e Monteleone, Enrico Vignati, hanno raccomandato ai cittadini di non uscire di casa se non strettamente necessario, di non sostare all’aperto e non aprire le finestre, oltre che di non utilizzare, in via precauzionale, prodotti dell’ orto.

Il capannone risulta essere in disuso da tempo, ma i residenti raccontano di aver visto, negli ultimi mesi, camion entrare e uscire scaricando materiale. Qualche politico locale aveva segnalato a più riprese la situazione ‘anomala’. Mentre i vigili del fuoco e l’Arpa stanno valutando l’eventuale pericolo ambientale, le indagini non escludono l’ipotesi di un gesto doloso alla base del rogo, che i pompieri stanno faticando a domare anche per problemi di approvvigionamento idrico. I vigili del fuoco devono anche affrontare l’eventualità che il tetto del capannone, di lamiera, possa crollare da un momento all’altro, a causa dell’intensissimo calore cui è sottoposto da ore.

La Regione Lombardia si farà carico dei costi di bonifica. Il capannone poi probabilmente dovrà essere demolito perché pericolante. La sua anima in acciaio svetta tra i campi, con il tetto squassato dalle temperature roventi, mentre tutto intorno tonnellate di montagnette nere nascondono rifiuti ignoti, stoccati abusivamente dato che l’area non dispone di alcuna autorizzazione. Una delle tante discariche abusive presenti in Lombardia, insomma, sulle quali le inchieste delle Dda hanno messo a nudo gli interessi della criminalità organizzata. Tra i casi più recenti ed egualmente poco chiari quello del 5 settembre scorso, quando andò a fuoco lo stabilimento della ditta “Eredi Bertè” a Mortara, quello del 25 luglio a Bruzzano, a Milano, e quello di ottobre a Cinisello Balsamo (Milano).

La pista dell’azione volontaria è stata imboccata da subito dato che l’assenza di elettricità, che nel capannone era staccata da tempo, non lascia molte possibilità circa le cause del rogo. Il periodo invernale, infatti, con temperature che di notte vanno sotto lo zero, porta a escludere un’autocombustione. Al momento i carabinieri e i forestali del comando provinciale di Pavia stanno compiendo accertamenti sia sulla proprietà sia sentendo possibili testimoni. Il capannone, di proprietà di una persona fisica, era stato dato in gestione a una società immobiliare per essere affittato. Ora bisognerà risalire a chi vi abbia operato, anche se, come in questi casi accade spesso, è probabile che i titolari, di Milano, dichiarino di non sapere nulla. La presenza di camion “sospetti” era stata segnalata. Ma in quella zona gli autoarticolati sono all’ordine del giorno. In più l’area era chiusa solo su due lati, il che non aiuterà a circoscrivere eventuali responsabilità. Il prefetto di Pavia, Attilio Visconti, ha precisato che il sito “non era noto alle autorità competenti al rilascio delle necessarie autorizzazioni ambientali”.

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