Scilipoti, D’Anna, Sannicandro, Razzi, Piccone. Nomi che molto probabilmente i nostri nipoti non leggeranno nei libri di storia ma che la storia, quella della diciassettesima legislatura, hanno contribuito a scriverla anche a colpi di gestacci, di insulti e di trovate mediatiche. Così dove un tempo osarono i leghisti col cappio, in questi anni, tra l’elezione di un presidente della Repubblica e una crisi di Governo, sono stati esposti volantini e cartelli, lanciate finte banconote e fiori. I parlamentari si bendano e si scambiano complimenti (è un eufemismo). Alcune scene sono epiche, una menzione speciale va a Vincenzo D’Anna che ha saputo catalizzare più di una volta le attenzione di media e avversari politici a causa dei suoi interventi decisamente poco ortodossi. Le scene memorabili non si contano e, di certo, non abbiamo la presunzione di essere riusciti a condensare cinque anni in cinque minuti: si va dalla ministra Fedeli in infermeria per il presunto pugno del leghista Centinaio, al verdiniano Barani coperto di insulti per i gesti sessisti rivolti alla grillina Lezzi. In mezzo c’è tutto il resto e chissà quanto altro ancora

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