Il 7 dicembre Hasan Ghassan Ghaleb Safadi, difensore dei diritti umani palestinese e coordinatore stampa dell’Ong per i diritti dei detenuti “Addameer“, è tornato in libertà dopo aver trascorso 586 giorni in detenzione amministrativa, senza accusa né processo, in una prigione militare israeliana.

Arrestato il 1° maggio 2016 dopo aver preso parte a una conferenza in Libano sui diritti umani, il 10 giugno dello stesso anno era stato incriminato per “visita a un paese nemico” e rilasciato su cauzione. Ma mentre i genitori lo attendevano fuori dal carcere era stato posto in detenzione amministrativa per sei mesi, poi rinnovati due volte.

Hasan Safadi ha ringraziato tutti coloro che si sono battuti per la sua causa con queste parole:

“Vi ringrazio moltissimo per il sostegno e per aver dimostrato di credere nell’azione dei difensori palestinesi dei diritti umani che vengono regolarmente presi di mira e ridotti al silenzio per le loro denunce sulle violazioni. La nostra forza sta nella solidarietà e nell’attivarsi ognuno per i diritti degli altri. L’occupazione ha cercato di farmi stare zitto e di spezzare la mia volontà ponendomi in detenzione amministrativa, ma io non sarò mai piegato e continuerò a lavorare fino al termine dell’occupazione”.

Questa è una delle buone notizie di un anno solo apparentemente avaro di passi avanti nel campo dei diritti umani. Qui, Amnesty International ne ha raccolte 30.

Iniziato negli Usa con la commutazione della condanna di Chelsea Manning – che stava scontando una condanna a 35 anni di carcere per aver rivelato informazioni coperte da segreto di stato, riguardanti anche possibili crimini di guerra commessi dall’esercito Usa in Afghanistan e in Iraq – e terminato in Australia con l’introduzione della legge sul matrimonio egualitario, in precedenza approvata anche in Germania, il 2017 ha visto anche il ritorno in libertà in Uzbekistan di Muhammad Bekzhanov, il giornalista dissidente in prigione da più tempo al mondo (18 anni).

Accanto alla consueta gragnuola di esecuzioni, non sono mancate le buone notizie relative alla pena di morte.

Ad aprile, Rodricus Crawford è diventato il 158° condannato alla pena capitale riconosciuto innocente dal 1977, anno della ripresa delle esecuzioni negli Stati Uniti d’America. Il 31 ottobre, dopo aver trascorso 15 anni nel braccio della morte di Taiwan, Cheng Hsing-tse è stato riconosciuto innocente dall’accusa di omicidio e rimesso in libertà. Il 9 novembre la Corte d’appello della Mauritania ha annullato la condanna a morte emessa nel dicembre 2014 nei confronti di Mohamed Mkhaïtir, giudicato colpevole in primo grado di aver pubblicato un post “blasfemo” sul suo profilo Facebook.

Nella parte di mondo di cui si occupa tradizionalmente questo blog, voglio segnalare l’approvazione in Tunisia della legge sull’eliminazione della violenza sulle donne. La legge introduce anche il reato di molestie sessuali in pubblico, prevede pene più pesanti per gli stupratori e multe per i datori di lavoro che discriminano le donne sul piano salariale. Infine, abolisce l’odiosa garanzia d’impunità per lo stupratore che avesse sposato la sua vittima.

Per concludere, il 18 settembre si è conclusa felicemente una vicenda seguita costantemente da questo blog: in Egitto il cittadino irlandese Ibrahim Halawa è stato assolto dopo oltre quattro anni di carcere, buona parte dei quali trascorsi in isolamento, da una lunga serie di reati connessi al terrorismo.

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