“La legislatura che sta per essere sciolta (si spera nell’acido) è stata una delle peggiori della storia repubblicana”. La frase contenuta nell’editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 28 dicembre è stata ripresa e criticata via twitter da Lucia Annibali, sfregiata con l’acido dall’ex compagno Luca Varani. “Chi, come me, ha conosciuto gli effetti dell’acido, per sua sfortuna – ha scritto -, si augura invece che questo non debba mai accadere a nessuno, nemmeno per scherzo”.

L’intervento della Annibali ha dato il via a una battaglia sui social (e anche qualche endorsement politico alla Annibali come quello di Matteo Renzi, che tra l’altro a giugno 2016 annunciò di voler “entrare nel partito col lanciafiamme”) tra chi si è schierato a favore o contro la scelta del direttore del Fatto Quotidiano o con l’avvocatessa che ha sollevato il caso. Il punto, al di là delle opinioni di ciascuno, è la coerenza. Ad esempio quella di giornalisti che non più tardi del 6 aprile scorso hanno firmato un appello all’Ordine nazionale di categoria per difendere Maria Teresa Meli, la cronista del Corriere della Sera che nel corso di una puntata de L’aria che tira su La 7 aveva detto: “L’ordine dei giornalisti va sciolto nell’acido“. Nessun articolo di giornale o tweet di censura, in quel caso. Ma un procedimento disciplinare contro la Meli avviato dall’ordine dei giornalisti. Iniziativa a cui i colleghi hanno reagito con un appello a sostegno della cronista. A promuoverlo Laura Cesaretti del Giornale, che in un post su Facebook del 6 aprile aveva scritto: “‘L’ordine dei giornalisti va sciolto nell’acido’. Per questo commento su un social network (relativo all’iniziativa del presidente OdG Enzo Iacopino, che addì 7 febbraio 2017 aveva chiesto e ottenuto da Luigi Di Maio una “lista nera” di giornalisti invisi al partito dei Cinque Stelle) la collega Maria Teresa Meli del Corriere della Sera, il 4 maggio prossimo, verrà sottoposta a procedimento disciplinare dall’Ordine dei giornalisti del Lazio. Noi sottoscritti, giornalisti professionisti e pubblicisti iscritti al medesimo Ordine, da sempre e per cultura contrari ai reati di opinione, a prescindere dalla condivisione di tale affermazione, la sottoscriviamo e la pronunciamo autodenunciandoci per il medesimo reato di opinione, e chiediamo formalmente di essere sottoposti alle medesime sanzioni“.

Sotto le firme di 101 colleghi. Ma alcuni di loro, che difendevano la Meli “sottoscrivendo la stessa affermazione”, non l’hanno pensata allo stesso modo nel caso di Travaglio. E dopo la risposta della Annibali sono intervenuti sul sito di microblogging contro di lui, retwittando messaggi critici o scrivendoli direttamente.


In cima alla lista la stessa Cesaretti, che retwitta il messaggio “Eh niente, non ce la fa. Poverino” di Albero Infelise de La Stampa. Oltre a lei, ci sono anche Giovanni Cocconi (Parallelozero), Alessandra Di Pietro (Gioia, La Stampa), Christian Rocca (direttore di IL, magazine del Sole 24 Ore) e Stefano Menichini (ex direttore di Europa e capo ufficio stampa e comunicazione della Camera dei deputati). I loro tweet sono nella gallery qui sopra. Agli utenti che chiedono perché ci siano due pesi e due misure nei due casi, non risponde nessuno dei firmatari dell’appello. La solidarietà che vale per la Meli, non vale per tutti.

Aggiornato alle 20.27

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