Si è dimessa e andrà a Roma per consegnare la fascia tricolore al premier Paolo Gentiloni. Un “gesto estremo e necessario” perché la sua città “è stata violentata dal cinismo della politica e dei partiti”. Per Annamaria Casini, sindaca di Sulmona, la decisione del Consiglio dei ministri di autorizzare la costruzione della centrale di compressione gas di Snam dimostra lo “scollamento” e la “disarmante distanza” da parte delle istituzioni nazionali nei confronti delle comunità locali.

Non a caso, altri 23 sindaci della zona sono pronti a sfilarsi come lei la fascia tricolore. Una ribellione, una rivolta dei primi cittadini della Valle Peligna contro un progetto in ballo da oltre dieci anni che la popolazione e gli enti locali non vogliono. Nemmeno la Regione Abruzzo, che si dice pronta a ricorrere al Tar dopo la riunione a Palazzo Chigi dello scorso 22 dicembre che ha dato il via libera alla centrale, snodo dei 678 chilometri della Rete Adriatica di Snam che collegherà la Puglia a Minerbio, in provincia di Bologna, e trasporterà anche il gas in arrivo con il Tap a Melendugno. Un filo rosso, il Trans Adriatic Pipeline, in questa storia. “È evidente – dice Casini a ilfattoquotidiano.it – che ci sia la volontà di accelerare, di portare a termine il tutto. Mentre noi siamo soli: non abbiamo voce in capitolo, ma il territorio è nostro”.

Sembra di ascoltare il sindaco di Melendugno, Marco Potì, ma qui siamo 536 chilometri più a nord, nel cuore dell’Abruzzo sfregiato dai terremoti nel 2016. Ed è anche per questo che la sindaca Casini si allarma. Perché il metanodotto passa dalla ‘zona rossa’, quella a più alto rischio sismico come aveva raccontato Il Fatto. “E poi c’è la centrale che rappresenta un impianto con impatti ambientali intrinsechi, ci sono gli studi a dimostrarlo – spiega – Le emissioni rischiano di ristagnare in valle, per il fenomeno fisico dell’inversione termica. Il Comune di Sulmona, l’intero territorio e le istituzioni locali hanno da sempre e ripetutamente dichiarato contrarietà alla centrale e al metanodotto, ritenendole nocive e fortemente impattanti, confortati anche da studi e perizie scientifiche“. Ma il governo tira dritto, l’opera è considerata di “interesse strategico nazionale”.

Snam ha altre 11 centrali in Italia come quella di Sulmona. La dodicesima è inserita nella Rete Adriatica, che a dispetto del nome non corre lungo la costa se non per pochi chilometri in un tratto tra la Puglia e il Molise. Poi risale la dorsale appenninica. “A Snam conviene così – aggiunge la sindaca Casini – Ma il loro risparmio ricade sul mio territorio, un costo indiretto che non rientra nei calcoli del progetto”. Da qui, il “gesto estremo”, come lo ha definito nella nota con la quale ha annunciato le dimissioni, formalizzate mercoledì mattina. Poi ha scritto a Gentiloni chiedendo di essere ricevuta a Palazzo Chigi il prossimo 29 dicembre.

“Il mio atto è un voler alzare la posta della battaglia e della denuncia utilizzando l’unica arma ancora in mano ad un sindaco, stante la palese circostanza che un amministratore locale non ha voce in capitolo per determinare le sorti dei suoi cittadini – sottolinea – Lotterò al fianco della mia città e dell’intera Valle Peligna contro la realizzazione della centrale e del metanodotto e voglio tenere accesi il più possibile i riflettori su questa grave vicenda”. Accanto a lei, i colleghi di Anversa, Acciano, Atleta, Bugnara, Campo di Giove, Cansano, Castel di Sangro, Castelvecchio, Castel di Ieri, Cocullo, Introdacqua, Gagliano, Goriano, Molina, Pettorano, Prezza, Roccacasale, Roccapia, Roccaraso, Scanno, Secinaro e Villalago. Hanno firmato una nota congiunta spiegando che quella che sta conducendo Casini “rappresenta una battaglia di giustizia e di civiltà non solo per la città di Sulmona, ma per l’intero comprensorio”. Per questo, spiegano, “ci sentiamo in dovere di accompagnarla a Roma” nella speranza che “il suo gesto scuota i palazzi romani e i vertici della Regione Abruzzo ed eviti la riconsegna delle fasce di decine di sindaci”. Un intero territorio, sottolineano, “non può essere così mortificato”.

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