La diciassettesima legislatura è finita. Come previsto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sciolto le Camere il 28 dicembre. Alle urne, quindi, si tornerà il 4 marzo del 2018, mentre la prima seduta del nuovo Parlamento sarà il 23 marzo per eleggere i nuovi presidenti, come deciso dal consiglio dei ministri. Il decreto di scioglimento del Senato e e di Montecitorio, ai sensi dell’articolo 88 della Costituzione è stato firmato dal capo dello Stato dopo aver sentito i presidenti dei due rami del Parlamento, Piero Grasso e Laura Boldrini. Prima dell’incontro con la seconda e la terza carica dello Stato, Mattarella aveva incontrato il presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, dopo al conferenza stampa di fine anno – e a questo punto di fine legislatura – del premier. Gentiloni è dunque tornato al Quirinale per controfirmare il decreto di scioglimento delle Camere. Quindi, come prevede la procedura, il segretario generale del Quirinale Ugo Zampetti si è recato dai presidenti Piero Grasso e Laura Boldrini per comunicare il provvedimento.

Il presidente della Repubblica, quindi, non ha prorogato la fine della legislatura per provare a far approvare dal Parlamento lo Ius Soli, come richiesto da alcuni senatori del Pd. È invece toccato al consiglio dei ministri indicare la data delle elezioni e quella della prima seduta del nuovo parlamento: la legge prevede che bisogna tornare alle urne entro 70 giorni dallo scioglimento delle Camere. Palazzo Chigi, nel Cdm convocato alle ore 18 e 30 ha dunque indicato nel 4 marzo il giorno per il ritorno alle urne. La prima seduta del nuovo Parlamento, invece, è convocata per il 23 marzo: quel giorno le due Camere dovranno eleggere i nuovi presidenti. Gentiloni, accompagnato dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, è dunque tornato al Colle per fare firmare a Mattarella il decreto con la data delle nuove elezioni. Il consiglio dei ministri si è concluso alle 19 e 14 e ha inoltre deliberato “sulla prosecuzione delle missioni internazionali e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione in corso, nonché partecipazione ad ulteriori missioni internazionali”. Si tratta, in pratica, della missione italiana in Niger, annunciata da Gentiloni il giorno della vigilia di Natale. 

Articolo Precedente

Perché il Movimento 5 stelle non vincerà mai (forse)

next
Articolo Successivo

Dai 101 di Prodi al governo Renzi, dal Referendum al biotestamento. La XVII legislatura in un blob

next