Nel 1979, una sontuosa Veronica Castro diveniva l’indiscussa eroina di miriadi di adolescenti sudamericane e non, che desideravano ascendere gli scalini sociali in piena euforia da riflusso. Il suo ruolo, quella di Mariana Villareal che nasce apparentemente povera in canna e finisce per ritrovarsi milionaria è un classico topos delle telenovelas degli anni 80.

Veronica Castro era la protagonista di Anche i ricchi piangono, un titolo che voleva diventare una sorta di livella morale della storia, consolando i milioni di poveracci che si attaccavano alla televisione alle sette di sera. Naturalmente, oggi, come allora, i ricchi non piangono affatto, anzi, ridono sempre di più.

Le ultime annuali classifiche dei più ricchi del mondo ci dicono che Jeff Bezos, lo sfruttatore 4.0 di Amazon, è ormai primo davanti anche al solito Bill Gates, ma non è questa la notizia. La notizia è che le 500 persone più ricche del mondo solo nell’ultimo anno si sono arricchite di altri mille miliardi di dollari. E’ moltissimo in assoluto ma è un’enormità, pensando che questa ricchezza di pochissimi è passata da 4300 a 5300 miliardi di dollari.

Un incremento di poco meno del 30% in appena 12 mesi (quello di Zuckerberg addirittura del 45%, 22,6 miliardi di dollari). A nessun comune mortale è dato accedere a rendimenti di questo genere, a meno di non essere giocatori d’azzardo fortunati. O malviventi. Trenta per cento, proprio come la percentuale della popolazione italiana a rischio povertà o esclusione sociale certificata dall’ultimo rapporto Istat: oltre 18 milioni di persone a rischio su 60.

Certo, il governo Gentiloni si vanta di avere messo mano al problema varando il cosiddetto reddito di inclusione (spiccioli, ancorché preziosi per chi li riceva), ma il problema è strutturale. Direi di più: è mentale.

Quello cui stiamo assistendo è l’affermarsi di un vero e proprio schiavismo, non molto dissimile da quello che imperversò nel mondo occidentale all’inizio dell’era industriale. Le nuove tecnologie controllate dal capitalismo, a sua volta non più controllato dall’autorità degli Stati, portano solo nuovi schiavi: il jobs act in Italia ne è una conseguenza lampante. Secondo l’ufficio studi della Caritas, oggi in Italia i giovani sono la metà dei poveri assoluti e i giovani costituiscono il 24% della popolazione italiana.

Invece di una vecchia telenovela, per capire davvero come vanno le cose oggi nel mondo, rivedetevi un film del 2015 diretto da Adam McKay, tratto dal libro di Michael Lewis, The big short, tradotto in Italia con “La grande scommessa”. Là dentro c’è tutto. C’è il sorgere del nuovo dio del mondo, la Finanza, che ha strappato e buttato nel cesso decenni di lotte sindacali per i diritti dei lavoratori, c’è il disprezzo del lavoro e dei lavoratori, fessi utili solo ad arricchire sempre di più chi occupa il vertice della piramide, i famosi 500 ultraricchi. E ci sono anche le banche, quelle che grazie alla presidenza Reagan prima e Clinton poi, oggi spadroneggiano nelle nostre vite e con i nostri soldi senza rendere conto a nessuno (vedere alle voci Milton Friedman e Glass-Steagall act, per chi volesse approfondire).

Oggi i 3,5 miliardi di persone più povere del mondo, hanno meno di diecimila dollari a testa: sono il 70 per cento della popolazione mondiale ma possiedono appena il 2,7% della ricchezza mondiale. Ma possiamo stare tranquilli, perché secondo il Global wealth report del Credit Suisse Research Institute il numero dei milionari nel mondo entro il 2020 aumenterà vertiginosamente, addirittura del 46%.

D’altro canto, la classe media andrà incontro a un costante restringimento e presto ci saranno praticamente solo ricchi e poveri, drammaticamente contrapposti. Il nuovo anno che ci attende non promette niente di buono ma di una cosa possiamo essere sicuri: a piangere, come al solito, non saranno mai i ricchi.

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