Con la morte del cardinale Bernard Francis Law non si chiude purtroppo la tremenda piaga della pedofilia nella Chiesa cattolica. La scomparsa del porporato, che fu letteralmente travolto dallo scandalo degli abusi sessuali sui minori commessi da centinaia di preti della sua arcidiocesi di Boston, coincide, infatti, con quanto sta avvenendo in Australia dove alla sbarra per questi stessi reati c’è anche il cardinale George Pell. Nel caso di Law, che guidò la Chiesa di Boston dal 1984 al 2002, numerosi preti pedofili furono coperti per anni e spostati di parrocchia in parrocchia. Uno dei casi più eclatanti di questa a dir poco pessima gestione fu quello di padre John Geoghan colpevole di aver abusato di ben 130 bambini in 20 anni di trasferimenti da una chiesa all’altra. Il tutto mentre l’arcidiocesi di Boston patteggiava con estrema segretezza le accuse di pedofilia contro almeno 70 preti.

Fu l’inchiesta del Boston Globe, raccontata sul grande schermo dal film Premio Oscar Il caso Spotlight, a far cadere quel solidissimo muro di omertà che Law era stato capace di costruire in tanti anni contando sulla stima di san Giovanni Paolo II che era, però, totalmente ignaro di quella drammatica vicenda. Quando lo scandalo fu insostenibile, nonostante il cardinale si rifiutasse categoricamente di dare le dimissioni e ammettere di aver coperto migliaia di abusi dei suoi preti, il Papa polacco decise di trasferire Law da Boston a Roma dove gli affidò l’incarico onorifico di arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. Nessuna punizione per il cardinale, ma addirittura un ruolo da esercitare fino agli 80 anni, età in cui i porporati vanno definitivamente in pensione. Uno scandalo nello scandalo per una vicenda che, come il Boston Globe aveva dimostrato con una lunga inchiesta molto rigorosa e ben documentata, aveva fatto emergere la totale incapacità del porporato a governare la sua arcidiocesi. Ma non solo. Law con la sua pessima gestione aveva distrutto per sempre la vita di migliaia di bambini e delle loro famiglie.

È proprio a quella vicenda che, tre anni dopo quello scandalo di proporzioni impressionanti, fece cenno l’allora cardinale Joseph Ratzinger quando, nell’ultima Via crucis di Wojtyla al Colosseo, denunciò con forza “la sporcizia nella Chiesa”. Quella sporcizia che, una volta eletto Papa, Benedetto XVI ha cercato con tutte le sue forze di contrastare mettendo in atto una seria politica di tolleranza zero sugli abusi. Lo stesso Papa emerito recentemente è tornato al centro del dibattito sulla gestione dei casi di pedofilia nella Chiesa dopo che si è scoperto che almeno 547 bambini del celebre coro di Ratisbona, per 30 anni diretto da suo fratello maggiore, monsignor Georg Ratzinger, sono stati vittime di violenze corporali, di cui in 67 casi anche sessuali.

Quella della tolleranza zero è una strategia ereditata con forza da Francesco, ma che purtroppo si sta scontrando con enormi difficoltà. Non c’è dubbio, infatti, che, dopo cinque anni, l’impasse maggiore nel pontificato di Bergoglio sia proprio nel contrasto alla pedofilia del clero. Da un lato c’è la vicenda del cardinale Pell, chiamato proprio da Francesco da Sydney a Roma per guidare la Segreteria per l’economia e quindi le riforme sulla trasparenza finanziaria. Da diversi mesi, però, il porporato è “congedato” perché accusato dalla giustizia del suo paese di aver coperto la pedofilia dei suoi preti quando era arcivescovo di Melbourne e perfino di essere stato autore di stupri. Un’accusa che, se dovesse essere confermata, sarebbe ancor più grave di quella rivolta al cardinale Law che mai ha abusato di bambini. Il rapporto finale della commissione d’inchiesta australiana, contenuto in 17 volumi, che non riguarda soltanto la Chiesa cattolica, è impressionante: 2.559 le accuse raccolte finora, 230 processi in corso, oltre 42mila chiamate per soccorso e 60mila sopravvissuti con diritto al risarcimentoIn alcune diocesi australiane addirittura il 15 per cento dei sacerdoti sono sospettati di pedofilia.

Ma la vicenda di Pell non è l’unica che dimostra quanto la Chiesa ancora oggi non abbia imparato dal caso Spotlight. C’è, infatti, anche la rimozione del cardinale Gerhard Ludwig Müller dalla guida della Congregazione per la dottrina della fede contro il quale hanno puntato il dito proprio le due vittime di abusi nominate dal Papa nella Pontificia Commissione per la tutela dei minori, Peter Saunders e Marie Collins. Entrambi, a distanza di un anno l’uno dall’altra, si sono dimessi dall’organismo vaticano anti pedofilia accusando il porporato tedesco di continuare a coprire le denunce di abusi che arrivano da ogni parte del mondo. Il Papa ha licenziato Müller lasciandolo sulla soglia dei 70 anni senza alcun incarico a differenza di quanto avvenne nel 2002 con Law. E ha rinnovato i vertici della Congregazione per la dottrina della fede stabilendo che la condanna di un prete in primo grado per pedofilia sia subito definitiva senza concedere la possibilità di appello.

Significativo è il fatto che a guidare la Pontificia Commissione per la tutela dei minori istituita da Bergoglio è stato scelto il cardinale Sean Patrick O’Malley, successore di Law alla guida dell’arcidiocesi di Boston. Dopo lo scandalo Spotlight è stato, infatti, chiesto al porporato cappuccino di lavorare per condannare i preti pedofili e ascoltare finalmente le drammatiche denunce delle vittime. Law porta con sé nella tomba diverse domande che sono rimaste tuttora senza risposta. Come è stato possibile che per quasi 20 anni nessuno in Vaticano si accorgesse del sistema perverso che era stato messo in atto a Boston per coprire gli orrori dei preti pedofili? Perché nessuno, a livello gerarchico nella Chiesa cattolica, ha dato ascolto alle denunce di migliaia di vittime divenendo così di fatto complice del muro di omertà edificato in modo efficace da Law? Ma le domande più inquietanti sono quelle che guardano alla cronaca del momento. Cosa ha imparato la Chiesa dalla vicenda di Law? Saprà in futuro non cadere più negli stessi drammatici errori. La gestione del caso del cardinale Pell sarà la prima risposta a questa domanda.

Twitter: @FrancescoGrana

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