Da Trieste a Como, ancora e anche sotto le festività natalizie i comuni ripropongono provvedimenti per fermare (con scarsi risultati) chi chiede le elemosina in centro città. Non è la prima volta che succede e già in altri casi i dispositivi sono stati bocciati dal Tar se non revocati addirittura dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella (come a Molinella in Emilia Romagna ad aprile scorso). A Trieste la giunta di centrodestra ha lanciato una vera e propria campagna con poster e slogan contro la presunta “falsa povertà”. A Como il divieto dovrebbe durare 45 giorni e i primi ad accorgersene sono stati i volontari a cui è stato impedito di distribuire la colazione alle persone senzatetto.

COMO-Via i mendicanti dal centro storico di Como. Per quarantacinque giorni “all’interno della città murata e nelle immediate vicinanze” sarà vietato mendicare “in forma dinamica” così come “in forma statica occupando spazi pubblici anche con l’utilizzo di cartoni, cartelli ed accessori vari che arrecano disagio al passaggio dei pedoni”. Lo ha deciso il sindaco Mario Landriscina che ha firmato un’ordinanza che prevede sanzioni amministrative da 50 a 300 euro. I primi ad accorgersi di questo provvedimento sono stati i volontari del gruppo “Welcom – Osservatorio migranti Como” che domenica mattina non hanno potuto incontrare i senza tetto. Una denuncia lanciata dalla loro pagina Facebook: “Come tutte le mattine da più di sette anni, ci siamo recati presso l’ex chiesa di san Francesco a Como per distribuire la colazione (ma soprattutto un’occasione di relazione), alle persone che dormono fuori perché senza casa. Ci è stato proibito di farlo perché i nostri semplici gesti sarebbero contrari alla nuova ordinanza del Comune di Como firmata dal sindaco per ripristinare “la tutela della vivibilità e il decoro del centro urbano”. Ci è stato detto che fino al 10 gennaio non ci è possibile portare un piccolo simbolo d’amore a queste persone, non ci è possibile perché in vista del Natale non è decoroso”.

L’atto del primo cittadino non lascia spazio a fraintendimenti. Secondo il sindaco “il fenomeno si manifesta ormai in maniera costante ed impattante sulla vivibilità della città murata attraverso l’azione di soggetti – cita l’ordinanza – che in forma dinamica chiedono l’elemosina dopo aver fermato i pedoni con motivazioni capziose”. Landriscina non vuole che i turisti che arrivano a Como abbiano a che fare con queste persone: “Le festività natalizie – scrive ancora il sindaco – con il conseguente afflusso di persone che giungono in città per turismo, si traducono in una ragione d’incremento della presenza dei soggetti dediti all’accattonaggio”. Un no secco anche ai bivacchi sotto i portici perché “pregiudicano il decoro e la vivibilità urbana, anche in ragione del fatto che i soggetti interessati sono spesso ubriachi e espletano nelle adiacenze i loro bisogni fisiologici”.

Parole che non sono piaciute nemmeno alla rete “Como senza frontiere” finiti sotto i riflettori per aver subito a fine novembre scorso  l’incursione di quindici militanti di Veneto Fronte Skinheads  durante una riunione. Il 23 dicembre hanno organizzato un “bivacco solidale” dalle 10 alle 11 proprio davanti all’ex chiesa di San Francesco per protestare contro la decisione del sindaco: “Chiederemo – spiega la portavoce Anna Maria Francescato – la revoca dell’ordinanza. Il provvedimento è vergognoso ed ingiusto. Chi chiede l’elemosina non ha mai dato fastidio a nessuno. Si tratta di un atto per assecondare i commercianti in occasione delle feste natalizie ma non è servito a nulla: stamattina erano ancora tutti lì. Il sindaco sa che i dormitori sono pieni e una persona può dormire solo quindici giorni al mese. Quali soluzioni alternative propone l’amministrazione? Inutile dire che sono ubriachi e che fanno i loro bisogni per strada se il Comune non aumenta il numero dei bagni aperti. Con trecento senza tetto ci sono solo otto docce aperte”.

TRIESTE-“Fare l’elemosina per strada e dare soldi ai posteggiatori abusivi arricchisce solo le attività illecite”, sentenzia un manifesto nel centro di Trieste. Ce ne sono oltre duecento sparpagliati nella città, tutti con il logo del Comune in evidenza. Sotto, la foto di un mendicante che allunga la mano, inginocchiato dentro un sottopassaggio. È questa la nuova iniziativa della giunta comunale di centrodestra, che invita a “spezzare la catena” delle attività illecite. Nel mirino del vice sindaco leghista Pier Paolo Roberti finisce il così detto “accattonaggio organizzato”, con “questuanti e posteggiatori abusivi, che porta a veri e propri fenomeni di sfruttamento”. I manifesti invitano a sostenere, invece, le realtà che aiutano i “veri poveri”. Ma è proprio a partire da queste realtà che arrivano le prime critiche nei confronti dell’iniziativa: “In sé l’idea di sconfiggere un racket non sarebbe sbagliata – dichiara Don Alessandro Amodeo, direttore della Caritas diocesana, al fattoquotidiano.it – il problema è quello di salvare la persona. Chi vende per strada abusivamente è la prima vittima, non la causa del problema”. Senza contare che, per il cittadino, è impossibile distinguere chi fa parte del “racket” da chi invece no: “E’ illusorio eliminare il problema partendo dall’ultimo anello della catena, per contrastare la criminalità organizzata ci sono strumenti più adatti”. Le critiche sono state mosse anche dalle forze di opposizione nel consiglio comunale, dall’ex sindaco Pd Cosolini al capogruppo pentastellato Menis, che hanno bollato come demagogica l’iniziativa. La guerra alla povertà (quella “falsa”) è stata inaugurata dall’attuale giunta già a pochi mesi dall’insediamento: nell’autunno dello scorso anno era stata emessa, dallo stesso Roberti, un’ordinanza per allontanare i senzatetto dal centro cittadino. Qui si vietava di dormire all’aperto, si prevedevano sgomberi forzati e il sequestro di coperte e cartoni. Tutto per garantire il «decoro della città», a detta del leghista. Ma a fermare l’ordinanza era allora arrivata la bocciatura del Tar del Friuli Venezia Giulia.

di Alex Corlazzoli e Stefano Tieri

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