Che cosa succederebbe se domani mattina, dopo l’audizione in Commissione banche di Federico Ghizzoni, l’ex ad di Unicredit, Matteo Renzi convocasse una conferenza stampa all’improvviso? E desse un annuncio inaspettato?

Proviamo a immaginare la scena. La location è il Nazareno. In terrazza, pure se ci sono sì e no 3 gradi. Con tanto di albero di Natale. Lui si presenta con la “divisa” delle origini. Jeans, camicia bianca e giacca. “Buongiorno a tutti. Volevo raccontarvi del mio ultimo progetto”. Suspence. “Devo premettere che vorrei chiamarlo ‘Matteo Renzi 1’. Ma quelli del marketing mi hanno detto che non è una buona idea. Il mio nome in questo momento non è un brand di successo”. Ride. Gioca con lo smartphone, lo agita, lo guarda. Poi lo mostra e dice: “E dunque, eccoci qua. Dopo Natale volo nella Silicon Valley. Dove? I dettagli prossimamente”. Si ferma, si guarda intorno. Aspetta di vedere l’effetto che fa: “Una grande azienda mi ha chiamato per brevettare un nuovo modello di smartphone. Hanno fatto degli studi su di me: sono stato il primo capo di governo che ha utilizzato il cellulare come strumento di comando e di azione”. Ride. “E poi, hanno testato i miei riflessi: velocità di scrittura, rapidità nella risposta, conoscenza delle potenzialità del mezzo. Gusto per le inquadrature, sensibilità per i video e per le foto, reattività potenziale sui social, quantità di chat gestite contemporaneamente”.

Prende lo smartphone (che poi è un I-phone) in una mano, lo rotea. Lo tiene con due dita. “Stanno pure studiando la formula del dito prensile: che significa tenerlo solo con il mignolo. E poi, tutta una serie di format precostituiti: per scrivere, per leggere le notizie, per dettare dichiarazioni, per dettare la linea, per convocare persone, per formare gruppi di pressione, per guidare focus group. E poi…”. E poi? “Mica penserete che vi dica tutto. Però, questo è il mio progetto per i prossimi mesi. Una volta che il modello sarà pronto, lo brevetterò e poi lo pubblicizzerò in giro per il mondo”. Brusio. “Segretario, ma quanto la pagano?”. “Segretario no. Mi dimetto. Chiamatemi Matteo. Comunque, circa l’equivalente di 15mila euro (lordi) al mese. Più di quanto guadagnerei se fossi il premier”. Si ferma, si guarda intorno. “Lo so, state pensando che uno smartphone promosso da me sarà un flop sicuro. E invece no. Vedrete che lancerò una moda: come diventare testimonial di successo, dopo mesi di sconfitte politiche. MR2, lo smartpremier, vi piace? Scommetto di no. Ma la sfida è adesso”.

È Natale. Questo è un racconto di fantasia. Ma la domanda resta: cosa succederebbe se domani mattina Matteo Renzi, invece di lambiccarsi il cervello su come e dove candidare Maria Elena Boschi, senza rischiare il tracollo finale suo e del Pd, convocasse questa conferenza stampa?

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