Concedere la doppia cittadinanza italiana e austriaca ai sudtirolesi di madrelingua tedesca e ladina “non è fattibile, e a Vienna lo sanno benissimo”. Il senatore Francesco Palermo, professore di diritto costituzionale all’Università di Verona, spiega quali sarebbero “i moltissimi ostacoli giuridici” della proposta presentata nel programma di governo da Sebastian Kurz e dal suo alleato dell’ultradestra Heinz-Christian Strache. “Nel testo è scritto che si valuterà questa possibilità, ma alla fine per come è formulata la proposta secondo me non se ne farà niente”, spiega Palermo al fattoquotidiano.it. “Se però è stata una mossa per solleticare vari fascismi e scatenare i peggiori istinti nazionalisti – aggiunge – ci sono riusciti benissimo”.

I primi a esultare per l’iniziativa del nuovo governo guidato da conservatori e ultradestra sono stati proprio i partiti di estrema destra e indipendentisti in Alto Adige. Eva Klotz e il suo Suedtiroler Freiheit, i Freiheitlichen e la lega patriottica Heimatbund erano tutti presenti a Bolzano quando lunedì il parlamentare della Fpoe Werner Neubaur ha annunciato che avranno la possibilità di ottenere la cittadinanza austriaca tutti i sudtirolesi che si sono dichiarati appartenenti al gruppo linguistico tedesco o ladino. Un primo punto che già apre a molti dubbi sulla fattibilità pratica, come spiega il senatore Pd Palermo: “La dichiarazione di appartenenza può cambiare in ogni momento. Se un italiano si dichiara appartenente al gruppo linguistico tedesco, poi otterrà anche lui la cittadinanza?”.

L’ultradestra austriaca ha puntato sulla doppia cittadinanza per i sudtirolesi fin dal primo giorno di trattative con i conservatori di Kurz. Premere sul tema dell’Alto Adige, diventato italiano ormai un secolo fa, è un ottimo modo per tenere viva la retorica nazionalista premiata alle elezioni nazionali di metà ottobre dal 26% dei votanti. E gli esempi recenti non mancano. Nel 2008 fu la Russia di Vladimir Putin a concedere la cittadinanza ai russofoni dell’area dell’ex Unione Sovietica. Mentre due anni più tardi in Ungheria, una delle prime mosse del neo-eletto premier Victor Orban fu proprio la concessione della doppia cittadinanza alla minoranza ungherese presente in Slovacchia. “La risposta dei vicini fu il ritiro della cittadinanza slovacca a coloro che accettavano quella ungherese, potete immaginare i buoni rapporti”, commenta Palermo.

I dubbi tecnici del professore di diritto riguardo a una proposta “formulata in maniera vaga” sono molti e concernenti più aspetti. Innanzitutto in Austria non è prevista al momento la doppia cittadinanza, che andrebbe quindi introdotta con una legge ordinaria ad hoc per la questione altoatesina. “Ma un primo ostacolo sarebbe l’eventuale violazione del principio di uguaglianza”, afferma Palermo. Bisognerebbe infatti giustificare il motivo per cui si concede la cittadinanza ai sudtirolesi, ma non a chi vive in Ungheria o in Slovenia. “Già questo potrebbe portare a ricorsi di costituzionalità”, spiega il professore di diritto.

Un altro problema riguarda il diritto di voto. Come succede in Italia per i cittadini residenti all’estero, anche i “nuovi austriaci” sudtirolesi dovrebbe ottenere insieme alla cittadinanza anche la possibilità di andare alle urne. “Per farlo però andrebbero create delle circoscrizioni estere – spiega Palermo – quindi servirebbe una legge costituzionale che la nuova maggioranza non ha i numeri per approvare”. Rimangono poi altri problemi di natura tecnica, come le eventuali esenzioni dal servizio di leva militare, che oltre il Brennero è ancora obbligatorio, e dal pagamento delle tasse. “Immagino una valanga di ricorsi di costituzionalità in Austria, dove tra l’altro è prevista la possibilità del ricorso diretto”, commenta il senatore.

Al di là del valore simbolico, sul piano pratico gli altoatesini di madrelingua tedesca non avrebbero inoltre particolari vantaggi e benefici. “Esiste già il passaporto europeo ed esistono già delle leggi che favoriscono i sudtirolesi nei rapporti con l’Austria”, evidenza Palermo. Dal 1976 infatti è in vigore una legge che parifica gli altoatesini tedeschi e ladini della provincia di Bolzano ai fini della richiesta della cittadinanza, in caso di cambio di residenza, e ai fini universitari. “L’Austria si ritroverebbe un sacco di problemi giuridici interni, avrebbe opposizioni internazionali, metterebbe in dubbio i rapporti con l’Italia, creerebbe un bel casino in Alto Adige, senza averne alcun vantaggio pratico”, spiega il senatore.

Oltre agli ostacoli giuridici, la messa in atto della proposta darebbe il via a non pochi problemi a livello di rapporti internazionali. Esiste infatti un documento dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), le “Raccomandazioni di Bolzano”, per il trattamento delle minoranze nazionali nei rapporti internazionali. Fu presentato nel 2008 in Alto Adige, “scelto proprio come luogo emblematico delle buone pratiche – spiega Palermo – e in questo documento si dice che la concessione della cittadinanza in massa su base etnica è contraria ai principi internazionali e alle relazioni amichevoli tra Stati confinanti”.

Non solo, la scelta di una azione unilaterale da parte di Vienna, se portata a termine, sarebbe come “un elefante in un negozio di cristalleria”, continua. Per capire il motivo basta guardare alla storia dell’Alto Adige, dal primo statuto fino alla revisione del 1972 e ai giorni nostri: “Tutti i delicatissimi equilibri nella regione sono stati costruiti con il metodo del negoziato e del confronto”. “Un’azione unilaterale è contro l’essenza del sistema – dice Palermo – e avrebbe un effetto deflagrante”. Il primo a essere conscio di questa situazione è il partito di governo in Provincia di Bolzano, l’Svp.

I popolari sudtirolesi hanno da sempre appoggiato l’idea di una doppia cittadinanza, “ma ora si rendono conto che attuare questa proposta sarebbe devastante dal punto di vista dei rapporti interni in Alto Adige e delle relazioni con Roma. Sono in imbarazzo”, afferma il senatore. Intanto festeggia la destra sudtirolese, che parla già di “autonomia più forte”, con alle spalle sempre l’obiettivo mai nascosto della secessione dall’Italia. “Se l’obiettivo era gettare veleno nei pozzi, ha funzionato alla grandissima”, conclude Palermo.

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