Nella sua intervista al Corriere della Sera e nella lettera che ha fatto mandare dal suo portavoce al Fatto Quotidiano, Matteo Renzi pone un problema che vale la pena affrontare seriamente: ma non staremo esagerando con l’attenzione sul caso Boschi? Non è che stiamo sottovalutando quanto emerge sulle responsabilità della Banca d’Italia e della Consob?

La domanda non andrebbe certo posta al Fatto che, è vero, ha dedicato grande spazio a Maria Elena Boschi e ai suoi legami con Banca Etruria ma da tre anni, grazie soprattutto agli articoli di Giorgio Meletti, ha sviscerato la crisi bancaria e le conseguenze di una regia nel settore del credito velleitaria e con risultati disastrosi da parte della Banca d’Italia.

La commissione Banche non ha aggiunto molto a quanto già emerso negli ultimi anni. Chi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno sottolinea che il capo della vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo è stato messo di fronte alle sue responsabilità, ha fornito versioni contraddittorie, poi emendate per correggere le contraddizioni, e ora rischia anche accuse per falsa testimonianza, ed è emerso dai documenti che la Consob di Giuseppe Vegas sapeva molto di più di quanto sosteneva, non ha ricevuto tutte le informazioni di cui Bankitalia era in possesso ma era abbastanza consapevole di certe situazioni critiche da poter tutelare meglio di come ha fatto i risparmiatori (vedi l’emissione di obbligazioni subordinate di banca Etruria a dicembre 2013).

Il bicchiere si può però anche vedere mezzo vuoto: il continuo scaricabarile, a colpi di dettagli burocratici, documenti omissivi o superflui, dichiarazioni tanto assertive quanto vaghe, ha creato una cortina fumogena intorno ai disastri bancari di questi anni. Tutti sembrano – e sono – colpevoli, dunque nessuno è colpevole. Da Mps alle due banche venete, la responsabilità delle crisi pare così condivisa da risultare non attribuibile a nessuno in particolare. Il rischio è che al termine di queste settimane di audizioni infinite l’unico verdetto possibile possa essere una condanna collettiva abbinata ad assoluzioni individuali.

Sul caso Boschi, invece, sono emerse molte cose nuove. E tutte peggiorano la posizione del sottosegretario e dei due governi che l’hanno sostenuta. Renzi lamenta, sul Corriere e sul Fatto, che i titoloni sui suoi incontri con Vegas abbiano oscurato il resto. Vero, ma anche perché la maldestra gestione di un conflitto di interesse oggettivo (Maria Elena è figlia di Pier Luigi Boschi, vice presidente di una banca oggetto di interventi del governo di cui il ministro era anche una piccola azionista) si è trasformata in un suicidio politico collettivo.

In estrema sintesi: la Boschi prima ha sostenuto che non ci fosse alcun conflitto di interesse. Poi, a fine 2015, non partecipa ad alcuni consigli dei ministri dove si discute degli interventi su Etruria per evitare accuse di conflitto d’interessi (per questo l’Antitrust la assolve ai sensi della legge Frattini, certificando di fatto l’esistenza dei conflitti d’interesse ma la correttezza dei comportamenti). Se il conflitto c’era ed era tale da non permettere la presenza in consiglio, perché la Boschi poi parlava con banchieri (Federico Ghizzoni di Unicredit) e istituzioni di vigilanza (Vegas di Consob e Fabio Panetta di Bankitalia)? Erano solo normali interlocuzioni, dice oggi la sottosegretaria. Una tesi incompatibile con i suoi comportamenti precedenti, ma anche con quelli successivi: se queste interlocuzioni erano normali, perché non raccontarle al Parlamento quando la Boschi ha dovuto rispondere delle accuse di conflitto di interesse? E perché chiedere un risarcimento danni al giornalista Ferruccio de Bortoli che ha rivelato in un libro gli incontri con Ghizzoni? Si può pretendere da un giornalista un risarcimento se si arricchisce pubblicando notizie false e diffamatorie, non se scopre retroscena inediti ma veri che spingono tanti lettori ad acquistare il suo libro.

Dulcis in fundo: se per la Boschi i rapporti con Vegas erano normali, che senso ha continuare a lasciar intendere in dichiarazioni e interviste che le attenzioni del presidente della Consob erano un po’ inopportune negli orari (messaggi notturni) e nelle richieste di incontro (alle otto di mattina a casa Vegas)? Sembra tanto una vendetta per le dichiarazioni, anche queste chiaramente ritorsive  ma fondate, di Vegas in audizione che, per l’ostilità di alcuni renziani, non ha avuto la presidenza della Figc.

Ancora una volta, poi, i tentativi di difesa della Boschi peggiorano la sua posizione. Vegas, dice lei, le aveva chiesto di andare a casa sua la mattina del 29 maggio 2014, alle otto di mattina, dopo che in precedenti incontri avevano parlato di Etruria. Cosa succede quel giorno? La Popolare di Vicenza ufficializza la sua intenzione di lanciare un’offerta pubblica di acquisto su Etruria, cioè si iniziava a concretizzare proprio quello scenario che la Boschi paventava nei suoi colloqui con Vegas.

L’incontro alle otto di mattina può suggerire, come si percepisce dalle parole della Boschi, desideri poco finanziari di Vegas che cerca di attirare la avvenente ministra in una trappola di seduzione domestica. Ma è anche compatibile con un’altra spiegazione: poiché Vegas sapeva quanto la Boschi era sensibile alla possibile scalata di Vicenza su Etruria, le usa la cortesia di informarla in anticipo, cioè prima dell’apertura dei mercati, sull’imminente ufficialità della scalata (che poi non si è concretizzata). E il gran rifiuto della Boschi potrebbe spiegarsi non con una orgogliosa difesa del proprio onore assediato – con Vegas si erano già visti a vari pranzi e cene – ma come una dimostrazione di stizza perché la Consob nulla aveva fatto per fermare i vicentini (come sapeva la Boschi dell’Opa? A quanto è emerso con suo padre non c’erano segreti sulle vicende di Etruria).

Morale: dalle udienze della commissione è emerso poco di nuovo su Bankitalia e Consob rispetto a quanto il Fatto ha pubblicato in questi anni mentre si è aggravata la posizione della Boschi e dei suoi sponsor.

Se Renzi vuole andare oltre il caso Boschi, ha varie possibilità. Produrre documenti e non allusioni sui tanti punti toccati nei suoi ultimi due interventi pubblici, sulle responsabilità di Bankitalia, dei dirigenti di Mps e su tutto il resto (magari anche sulle colpe della Commissione europea nella direzione Concorrenza). E poi dovrebbe dire come vorrebbe cambiare la vigilanza bancaria, la tutela dei risparmiatori e l’accountability delle autorità indipendenti: presenti un progetto e lo renda uno dei pilastri del programma del Pd alle elezioni e lo prenderemo sul serio.

Altrimenti rimarremo dell’idea che tutto il suo attivismo intorno al caso Etruria e alla Banca d’Italia di Visco sia dovuto a meri interessi personali e al fatto che, insieme ai bilanci di alcune banche, questi intrecci di conflitti di interesse e insipienza politica stanno soffocando la sua carriera politica.

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